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San Casciano dei Bagni: scoperta la più antica scuola medica etrusca con bronzi e terrecotte

Reggio Calabria, 22 dicembre 2025 – Gli scavi archeologici di Riace, nel cuore della Locride, stanno riscrivendo la storia: le ultime indagini, fatte tra settembre e dicembre, hanno anticipato di almeno due secoli le origini del sito. Non solo bronzi, ma anche una serie di terrecotte di grande valore sono tornate alla luce. Lo si legge nella relazione diffusa oggi dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio della Calabria, guidata da Mario Pagano. Secondo gli esperti, queste scoperte “costringono a rivedere la cronologia degli insediamenti in zona”, ha spiegato la direttrice del cantiere, la professoressa Lucia Paoletti dell’Università della Calabria.

Scoperte che cambiano il racconto su Riace

Non si parla più soltanto dei famosi Bronzi, trovati nel 1972 e oggi custoditi al Museo Nazionale di Reggio Calabria. Questa volta gli archeologi hanno scavato più a fondo, fino a strati molto più antichi che, dalle analisi al radiocarbonio, risalirebbero “al VII secolo avanti Cristo, forse anche prima”, ha precisato Paoletti. In pratica, l’insediamento di Riace potrebbe essere nato almeno duecento anni prima di quanto si pensava finora, fissando la fondazione intorno al V secolo a.C.

A colpire il team è stata la presenza di ampie terrecotte votive, alcune raffigurano uomini seduti, altre frammenti di maschere teatrali. “Questi reperti – ha raccontato l’archeologa – ci parlano di culti e riti finora sconosciuti e danno un volto diverso al sito. Non solo guerrieri o atleti, ma anche artigiani e devoti”. Il ritrovamento è avvenuto a pochi metri dall’attuale via Magna Grecia, non lontano dal punto dove furono recuperate le celebri statue bronzee.

Dentro il cantiere: i dettagli delle indagini

Lo scavo è partito all’alba del 7 settembre ed è andato avanti per 14 settimane con una ventina tra studenti universitari, restauratori e archeologi professionisti. La Soprintendenza segnala come le condizioni climatiche “insolitamente miti” di quest’autunno abbiano permesso di lavorare senza sosta fino ai primi di dicembre. Ogni mattina il gruppo si ritrovava tra le 7 e le 8 sul campo: “Abbiamo spesso lavorato sotto una leggera foschia che rendeva tutto ancora più suggestivo”, ha raccontato Angela De Blasi, restauratrice.

Gli strati più profondi hanno restituito anche utensili in ferro, perle in pasta vitrea, resti di anfore usate per il commercio e alcune monete probabilmente coniate tra Crotone e Locri. “Materiali che dimostrano scambi commerciali intensi già in epoca arcaica”, spiega la direttrice Paoletti. I reperti sono ora nei laboratori del museo di Reggio Calabria per i primi interventi conservativi.

Una rivoluzione negli studi sulla Magna Grecia

Le novità non sorprendono solo chi lavora sul posto. “Si apre un nuovo capitolo nello studio della colonizzazione greca in Calabria”, commenta da Roma il professor Marco Ercoles dell’Università La Sapienza. Ercoles sottolinea come le terrecotte “indichino rapporti culturali molto più ampi e complessi con l’Egeo e l’Asia Minore”. In altre parole, Riace potrebbe essere stato un crocevia fra diverse culture in un periodo in cui si pensava dominassero ancora villaggi indigeni.

A Palazzo San Giorgio l’annuncio è stato accolto con entusiasmo: “Riace non è solo bronzi – ha detto il sindaco Filippo Palamara – adesso abbiamo prove concrete che il nostro territorio era importante molto prima di quanto si immaginasse. Stiamo già organizzando una mostra dei nuovi reperti per l’estate 2026”.

Che cosa succede adesso?

Quali sono i prossimi passi? La Soprintendenza ha già inviato al Ministero della Cultura un rapporto dettagliato per chiedere fondi extra. “Dobbiamo continuare a scavare – insiste Paoletti – ogni metro potrebbe rivoluzionare ciò che sappiamo sulla Magna Grecia”.

Chi vorrà passare dalle parti del cantiere nelle prossime settimane – soprattutto durante le festività natalizie – potrà vederlo dall’esterno negli orari diurni, grazie a cartelli informativi e volontari del comune presenti sul posto. “Speriamo che vengano anche le scuole del territorio”, auspica De Blasi. Perché anche questa è archeologia: raccontare dal vivo una storia appena ritrovata davanti agli occhi dei ragazzi che crescono su queste colline.

Le origini di Riace, dunque, continuano a stupire. E forse sotto terra, nella Locride, ci sono ancora pagine di storia tutte da scoprire.

Antonella Romano

Sono una redattrice innamorata della Sicilia, e in particolare della mia Palermo. Fin da piccola, ho respirato l'aria vibrante di questa terra ricca di storia, cultura e tradizioni. Ogni vicolo di Palermo racconta storie antiche, e io non mi stanco mai di scoprirle e condividerle. Mi sono laureata in Lettere Moderne presso l'Università di Palermo, dove ho approfondito il mio amore per la scrittura e la narrazione. Dopo gli studi, ho avuto l'opportunità di collaborare con diverse testate giornalistiche e riviste locali, scrivendo articoli che esplorano le meraviglie artistiche, culinarie e naturalistiche della nostra isola. La mia vera passione, tuttavia, è raccontare la vita quotidiana della Sicilia e i suoi abitanti straordinari. Cerco di portare i lettori in un viaggio virtuale tra mercati colorati, spiagge dorate e festival affollati, sperando di trasmettere l'unicità e la bellezza di questa terra. Quando non sono dietro alla tastiera, mi piace camminare lungo la costa, visitare i mercati locali e assaporare piatti tradizionali cucinati con amore. Ogni giorno in Sicilia offre l'opportunità di scoprire qualcosa di nuovo e inaspettato, e non vedo l'ora di condividere queste esperienze con voi. Seguitemi nel mio viaggio attraverso la Sicilia, esplorando insieme cultura, sapori e tradizioni che rendono questa terra davvero speciale. Grazie per essere qui e per la vostra curiosità. Spero che attraverso le mie parole possiate innamorarvi della Sicilia tanto quanto lo sono io!

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