Milano, 12 dicembre 2025 – La Fabi (Federazione autonoma bancari italiani) ha appena diffuso un’analisi che fotografa un cambiamento ormai sotto gli occhi di tutti nel mondo delle banche italiane. Le filiali online sono diventate la parte dominante del sistema bancario. I numeri, presentati questa mattina nella sede milanese dell’associazione, segnano un confine netto tra il passato e il presente. “Non si tratta solo di un cambio tecnologico, ma di una trasformazione culturale”, ha spiegato Lando Maria Sileoni, segretario generale della Fabi, sottolineando come questa svolta coinvolga milioni di correntisti da nord a sud.
Secondo la ricerca della Fabi, che ha raccolto dati dalle principali banche italiane tra il 2022 e il 2025, le aperture di conti correnti online sono cresciute più del 60% in tre anni. Un balzo notevole, soprattutto se si pensa che nello stesso periodo gli sportelli tradizionali sono diminuiti drasticamente: più di 4.300 filiali fisiche hanno chiuso i battenti tra il 2020 e il 2025, soprattutto nelle province di Napoli, Torino e Palermo. Solo a Napoli si contano 210 chiusure tra il 2023 e il 2024. Perché? Semplice: i clienti scelgono sempre più spesso di operare tramite app o piattaforme web, anche per gestire bonifici, pagamenti o investimenti.
Non è solo una questione di comodità. Il report evidenzia che la fascia più attratta dalle banche online è quella dei giovani tra i 25 e i 40 anni, soprattutto chi vive nelle grandi città. Ma anche nelle zone interne e nei piccoli centri con meno di diecimila abitanti si vede un aumento delle iscrizioni alle piattaforme digitali. “La pandemia ha accelerato un processo già in atto, ma ora i numeri non lasciano dubbi”, osserva Sileoni. Secondo l’Osservatorio Abi Lab, il 74% degli under 35 usa lo smartphone per accedere ai servizi bancari, mentre quasi la metà degli over 60 continua a preferire lo sportello almeno una volta al mese.
La chiusura delle filiali tradizionali pesa anche sul lavoro. La Fabi segnala circa 11mila posti persi nel settore del credito dal 2021 a oggi. Una tendenza che preoccupa i sindacati: “Non sono solo numeri – ha detto Sileoni davanti ai delegati – dietro ci sono persone che rischiano davvero di restare escluse dalla svolta digitale”. Le banche replicano dicendo che gli investimenti tecnologici stanno creando nuove figure professionali: sviluppatori, esperti di sicurezza informatica e consulenti specializzati in servizi digitali.
Non tutti però accettano senza problemi la scomparsa degli sportelli tradizionali. Nelle campagne e nei quartieri periferici delle grandi città crescono le lamentele per le difficoltà nell’uso dei servizi online. “Mia madre ha 79 anni e non sa come funziona l’home banking – racconta Rita Campari da Bologna – ora per ogni operazione deve chiedere aiuto a me o fare molti chilometri”. Proprio per questo la Fabi insiste sulla necessità di corsi di formazione per gli anziani e su soluzioni miste che non lascino indietro chi fatica con le tecnologie.
La conclusione dell’analisi è un invito a non perdere la testa per la tecnologia: la digitalizzazione delle banche è ormai inevitabile, ma serve trovare un punto d’equilibrio tra novità e protezione delle fasce più fragili. Nei prossimi mesi sono previsti incontri tra associazioni bancarie e rappresentanti dei lavoratori con l’obiettivo di mettere a punto servizi che affianchino l’online alla consulenza in presenza — magari in filiali “leggere”, aperte su appuntamento o con orari più flessibili.
“Non è una corsa contro il tempo – ha riassunto Sileoni alla fine della conferenza – ma una sfida civile che riguarda milioni di persone”. In sostanza, la rivoluzione digitale nelle banche italiane funzionerà davvero solo se accompagnata da strumenti concreti per includere tutti. Solo così si potrà parlare davvero di progresso.
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