Milano, 14 dicembre 2025 – Questa settimana al Teatro degli Arcimboldi di Milano debutta uno dei musical satirici più attesi della stagione: “The Book of Mormon”. Firmato da Trey Parker e Matt Stone, già noti per la celebre serie animata South Park, lo spettacolo arriva per la prima volta in città dopo il grande successo riscosso negli Stati Uniti e a Londra. Numeri da capogiro: 9 Tony Awards vinti nel 2011, incassi record a Broadway e un pubblico affezionato e trasversale.
Il debutto, fissato per il 15 dicembre alle 21, era segnato in rosso da tempo. Non solo appassionati di musical, ma anche chi ama la comicità tagliente di Parker e Stone non vedeva l’ora. Questa prima italiana di uno spettacolo che non ha mai fatto sconti – tra battute pungenti e satira sociale e religiosa – promette di scuotere il teatro milanese. “È una parodia dura ma intelligente”, ha detto Giuseppe Sala, sindaco di Milano, durante la presentazione ufficiale. “Una sfida per un pubblico sempre più aperto e maturo”.
I biglietti sono andati via come il pane nei primi giorni di prevendita. All’Arcimboldi l’atmosfera è carica di aspettativa: nel foyer si incrociano gruppi di giovani, coppie, famiglie curiose e qualche turista americano in città per lavoro. Il motivo? La fama dello show unita alla curiosità su come saranno accolti in Italia temi così forti e mai visti fino a oggi su questi palcoscenici.
Partito nel 2011 da New York, “The Book of Mormon” racconta la storia di due giovani missionari mormoni mandati in Uganda per convertire la popolazione locale. Da qui si snoda una serie di scene paradossali, dialoghi taglienti e numeri musicali che mischiano stili diversi. La regia italiana è firmata da Marco Iacomelli, noto per “Next to Normal” e “Kinky Boots”, che ha scelto di mantenere il testo quasi identico all’originale con qualche piccolo aggiustamento nella lingua.
“Ci sono battute che ti fanno sobbalzare sulla poltrona”, ha raccontato uno degli attori, Michele Renzullo. “Ma il messaggio dietro non è mai fine a se stesso”. Le prime prove generali aperte agli addetti ai lavori hanno suscitato reazioni contrastanti: risate fragorose nei momenti più surreali, ma anche silenzi carichi quando la storia si fa dura.
La critica Valeria Ottolenghi sottolinea come la vera forza dello spettacolo sia proprio “l’uso del paradosso per mettere a nudo le contraddizioni della società”. Non sono mancate le polemiche: alcune associazioni religiose hanno chiesto chiarimenti sugli aspetti più irriverenti della messa in scena. Iacomelli ha risposto senza mezzi termini: “La satira serve anche a far riflettere, non solo a scandalizzare”.
Negli angoli anglofoni del mondo, “The Book of Mormon” è ormai un fenomeno culturale. Oltre 1.300 repliche a New York con file davanti al teatro fin dall’alba; una tournée europea che non si ferma; a Londra è un appuntamento fisso al Victoria Palace Theatre dal 2013. Oltre 6 milioni gli spettatori nel mondo.
In Italia però le cose cambiano. Da una parte c’è la tradizione consolidata del musical classico (pensiamo a “Notre Dame de Paris” o “Jesus Christ Superstar”), dall’altra un pubblico meno abituato all’ironia spietata sulla religione. “È una vera scommessa”, ammette la produttrice esecutiva Silvia Grilli. “Ma siamo convinti che anche qui ci sia spazio per uno spettacolo che sa far ridere e far pensare insieme”.
La versione milanese schiera un cast tutto italiano – circa venti tra attori, cantanti e ballerini – e una scenografia imponente curata da Luigi Ferrigno. Il suo lavoro ricrea con cura l’Africa descritta nel testo originale alternando colori vivaci a momenti più cupi e drammatici. L’orchestra dal vivo accompagna ogni scena con arrangiamenti che vanno dal pop al gospel fino ai richiami classici delle colonne sonore Disney.
“Non molliamo un attimo: cambi d’abito veloci, coreografie intense”, spiega la coreografa Chiara Vecchi. “Lo spettacolo corre senza pause”.
Uscendo dallo spettacolo – poco dopo le 23 – si respirava soddisfazione ma anche voglia di confrontarsi fuori dal teatro. Marta, 28 anni studentessa universitaria, ha detto: “Non pensavo si potesse ridere così su temi delicati”. Qualcuno invece ha ammesso che certe battute possono risultare forti (“Alcune cose toccano nervi scoperti”, ha detto un uomo sulla sessantina). Ma nessuno è rimasto indifferente.
Milano raccoglie così questa sfida sul palcoscenico: portare in scena uno spettacolo che riflette sul presente con ironia corrosiva senza rinunciare a raccontare qualcosa in più del semplice divertimento. Una prova non facile per pubblico e artisti insieme.
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