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In Italia 46mila dimore storiche: il 60% genera ricchezza e lavoro secondo il VI Rapporto Osservatorio Patrimonio Privato

Roma, 27 novembre 2025 – Sono oltre **51mila i beni culturali privati in Italia**, con più della metà concentrati tra **Lazio, Lombardia, Piemonte e Toscana**. È questo il dato principale che emerge oggi dal **VI Rapporto dell’Osservatorio sul Patrimonio Culturale Privato**, presentato questa mattina nella sede dell’Associazione Dimore Storiche Italiane, in via della Colonna Antonina a Roma. L’appuntamento, ormai fisso per chi lavora nel settore, offre anche quest’anno una fotografia aggiornata e dettagliata del patrimonio custodito nelle mani di privati: dai castelli alle ville, passando per dimore rurali e palazzi in città.

## **Il tesoro nascosto nelle mani dei privati**

Secondo il Rapporto, sono esattamente **51.321 i beni censiti nel 2025**. L’Osservatorio sottolinea come questo numero confermi “la diffusione capillare e la frammentazione della proprietà privata rispetto a quella pubblica”. E la concentrazione non è casuale: solo quattro regioni ne raccolgono più di 16.500. Il Lazio è in testa con oltre 5.700 proprietà registrate, seguito da Lombardia (5.110), Piemonte (2.970) e Toscana (2.852). Spesso sono luoghi poco noti al grande pubblico, nascosti tra campagne e centri storici, ma che – come ricorda Giacomo di Thiene, presidente dell’Associazione Dimore Storiche Italiane – “sono un presidio silenzioso della nostra identità e memoria”.

Il rapporto racconta un’Italia fatta di castelli medievali, ville del Settecento, residenze di campagna che si affacciano su vigneti e palazzi urbani quasi sempre chiusi al pubblico. “Nel nostro Paese – spiega il responsabile scientifico dell’Osservatorio, Enrico De Nicola – l’80% del patrimonio culturale privato non viene aperto regolarmente ai visitatori. Il motivo? I costi di manutenzione elevati e le complicazioni burocratiche che ancora pesano sulle famiglie proprietarie”.

## **Numeri in crescita, ma a passo lento**

Rispetto all’anno precedente, il censimento segna un aumento di circa 700 unità. Può sembrare poco su scala nazionale, ma indica una tendenza precisa: cresce il numero di segnalazioni e richieste per entrare nell’elenco ufficiale. L’Osservatorio – nato nel 2017 – lavora proprio raccogliendo dati da enti locali, archivi notarili e segnalazioni dirette delle famiglie.

Un dato curioso emerso quest’anno riguarda le tipologie più frequenti: a dominare sono le **dimore storiche rurali**, che rappresentano circa il 40% del totale; seguono i palazzi nobiliari urbani con il 25%, i castelli con il 12% e le ville signorili al 23%. Molti di questi beni hanno bisogno di interventi urgenti: il 34% è in condizioni “mediocri o critiche”, mentre solo il 22% si presenta “ottimamente conservato”.

## **Manutenzione: un costo difficile da sostenere**

Uno dei nodi centrali del rapporto riguarda proprio i costi legati alla gestione del patrimonio privato. La spesa media annua per mantenere una **dimora storica** si aggira intorno ai 38mila euro (dati del 2024), ma può superare i 100mila euro per strutture più grandi o soggette a vincoli particolari. “Gli incentivi pubblici – precisa Giacomo di Thiene – coprono meno del 15% delle spese che sostengono i proprietari”.

Su questo punto insistono da tempo le associazioni di categoria che chiedono una revisione degli sgravi fiscali. “Mantenere aperta una villa o un castello non significa solo salvaguardare mura antiche – spiega Elisabetta Miani, proprietaria di una villa nel Viterbese – ma anche offrire lavoro a restauratori, giardinieri, guide e artigiani locali”. Nel complesso il settore dà lavoro a circa 36mila persone tra occupazione diretta e indotto.

## **Turismo culturale privato: tante potenzialità ancora inespresse**

Il rapporto racconta anche un’Italia interessata al turismo culturale nelle proprietà private. Ma i numeri restano ancora lontani da quelli delle grandi strutture pubbliche: appena il 15% delle dimore apre stabilmente al pubblico; quasi la metà lo fa solo in occasioni speciali o durante le giornate nazionali.

Un problema noto sono le barriere burocratiche e i vincoli normativi che frenano progetti di valorizzazione. “La domanda c’è ed è alta – ammette De Nicola – ma servono procedure più snelle”. Il VI Rapporto chiede interventi mirati per rendere sicuri gli edifici, migliorarne l’efficienza energetica e garantire l’accesso anche nelle mani private.

## **Un patrimonio fragile che chiede risposte concrete**

Dalle testimonianze emerse durante la presentazione si percepisce forte la consapevolezza di custodire una parte importante della storia italiana ma anche la fatica quotidiana per conservarla. Le richieste principali riguardano tre punti: incentivi fiscali mirati, aiuti per le ristrutturazioni e politiche che favoriscano l’apertura al pubblico.

Solo così – sottolineano gli operatori del settore – “il patrimonio privato potrà davvero entrare a far parte dell’offerta culturale nazionale”.

Una sfida che coinvolge non solo i proprietari ma anche istituzioni, imprese locali e cittadini tutti insieme. E che impone scelte chiare già nei prossimi mesi, come suggerisce lo stesso rapporto.

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