Milano, 13 dicembre 2025 – Una musica che mette insieme mondi, generazioni e tradizioni. Così si è presentata ieri sera al Teatro alla Scala l’opera per voce recitante, solisti, cori e orchestra firmata da Joseph Ricci, musicista nato negli Stati Uniti ma profondamente legato a Raiano, piccolo paese abruzzese da cui provenivano i suoi nonni paterni. Alle 20:30 precise, le luci si sono spente lasciando il pubblico in un silenzio carico di attesa – quello vero dei grandi appuntamenti, senza fronzoli o formalismi.
Ricci, classe 1978, ha vissuto tra Boston e le colline d’Abruzzo, tra estati torride e i racconti di famiglia. “Ogni nota che scrivo porta dentro un pezzo di Raiano”, ha detto poco prima di salire sul palco. La sua carriera si è costruita fra conservatori americani e tournée europee, ma è proprio questo legame con la terra dei suoi avi che emerge forte nella sua nuova opera sinfonico-corale.
Per la prima italiana hanno suonato più di 120 artisti tra orchestra, cori e solisti. “La forza della comunità si sente quando canti insieme agli altri”, ha commentato Silvia Paladini, il soprano della serata, con l’emozione ancora nella voce. Tra il pubblico anche alcuni compaesani arrivati apposta da Raiano: un gruppo unito seduto nella seconda fila laterale, che ha seguito lo spettacolo stringendosi le mani.
La composizione si articola in quattro movimenti che alternano parti recitate a momenti musicali intensi. Al centro del palco c’era la voce recitante di Giuseppe Corsi, chiamato a dare vita ai testi scelti dallo stesso Ricci: lettere spezzate, versi poetici e dialoghi immaginari tra emigranti. “C’è il suono dell’America e quello delle montagne abruzzesi”, ha spiegato il direttore d’orchestra Tommaso Leoni, mentre dirigeva una partitura ricca di richiami popolari.
Il pubblico – circa 1500 persone secondo gli organizzatori – ha seguito senza pause i quasi 70 minuti dell’opera, scanditi da applausi calorosi tra un movimento e l’altro. Solo alla fine, con la standing ovation, Ricci è salito sul palco visibilmente commosso: “Portare qui la storia della mia famiglia era il mio sogno”, ha detto.
Nella musica si intrecciano motivi popolari abruzzesi con sonorità della musica americana del Novecento. L’apertura affidata ai legni ricorda le bande paesane – tamburi ovattati e clarinetti –, mentre i cori ripropongono antiche melodie tramandate dagli anziani di Raiano. Allo stesso tempo l’orchestrazione richiama autori come Aaron Copland e Leonard Bernstein.
Durante le prove generali il direttore Leoni racconta che Ricci ha chiesto agli strumentisti “di suonare come se raccontassero una storia della loro infanzia”. Un modo di lavorare che si è visto anche nella scelta degli interpreti: voci giovani accanto a veterani del teatro lirico italiano. Il risultato? Un quadro sonoro che mescola lingue (italiano e inglese), accenti diversi e nostalgie condivise.
All’uscita dal teatro molti spettatori hanno sottolineato quanto fosse raro sentire una fusione così autentica tra culture diverse. Mario Spadafora, storico della musica, ha commentato: “Quest’opera diventerà un punto di riferimento per chi vuole raccontare la migrazione attraverso la musica”. Intanto dal Comune di Raiano è già arrivata la proposta di riproporre lo spettacolo nell’antico teatro del paese in estate.
La registrazione sarà pubblicata su CD nei prossimi mesi e trasmessa su Radio3. Per Ricci è solo l’inizio: “Vorrei realizzare una trilogia dedicata alle storie degli italiani d’America”, ha confidato ieri sera nel foyer. Per ora resta viva la memoria di una serata capace di unire in musica due sponde dell’Atlantico.
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