Berlino, 3 dicembre 2025 – C’è chi lo ha scoperto camminando lungo il canale Landwehr in una fredda giornata d’inverno. Altri, più lontani, ne hanno sentito parlare da una notizia arrivata da Ravenna. Da qualche mese, il progetto di recupero degli spazi urbani abbandonati, partito proprio nella città romagnola, sta facendo scuola anche a Berlino. Qui l’idea di ridare vita a vecchi magazzini e aree industriali dismesse ha acceso la fantasia di gruppi di cittadini e associazioni locali. La domanda è semplice: cosa succede quando si riporta la gente a vivere (e creare) dove prima c’era solo silenzio?
Spazi abbandonati, idee che viaggiano
Nelle ultime settimane diverse iniziative nate a Berlino si sono ispirate all’esperienza ravennate, come raccontano gli stessi promotori. Anna Schultz, architetta berlinese di 41 anni, racconta di essere stata “colpita dal modo in cui a Ravenna hanno coinvolto gli abitanti del quartiere Darsena”. Per lei “non si tratta solo di sistemare muri o tetti, ma di inventarsi nuovi usi collettivi”. Infatti, nel quartiere Neukölln una vecchia fabbrica tessile ha riaperto le porte all’inizio di novembre. Ora ospita laboratori creativi e piccoli mercatini solidali. È la stessa atmosfera che da mesi si respira in via Magazzini Posteriori a Ravenna, dove i giovani si incontrano tra banchi di legno riciclato e murales che cambiano ogni settimana.
Da Ravenna a Berlino, progetti che si contaminano
Perché proprio ora? Il fenomeno non nasce dal nulla: secondo il Comune di Ravenna, sono almeno 15 le aree recuperate negli ultimi due anni. Alcune sono diventate spazi espositivi o luoghi per attività sociali. “Ci hanno chiamato da diverse città europee per chiedere come abbiamo fatto”, ha spiegato pochi giorni fa Silvia Bagnari, assessora all’urbanistica di Ravenna. “Non esiste un manuale unico. La differenza la fanno le persone che vivono quei posti e li sentono loro”. E non è l’unica a pensarla così. Anche a Berlino – città abituata ai cambiamenti veloci – il metodo “dal basso” sembra funzionare meglio rispetto ai progetti decisi dall’alto.
Cultura, sostenibilità e nuove economie urbane
Ciò che colpisce osservando questi progetti sia in Germania sia in Italia è il legame tra rigenerazione urbana e cultura locale. Nei capannoni ristrutturati si organizzano concerti, corsi di pittura per bambini e incontri pubblici su sostenibilità e riuso. Non mancano laboratori per imparare mestieri quasi dimenticati: dalla falegnameria al restauro dei mobili. Ci sono anche ricadute economiche importanti. A Ravenna, secondo i dati del Comune, negli ultimi dodici mesi almeno trenta nuove micro-imprese hanno aperto grazie agli spazi recuperati. Anche Berlino segue questa strada: il municipio di Kreuzberg ha stanziato circa 400mila euro nel 2025 per sostenere start-up nate nei centri multifunzionali appena aperti.
Reazioni tra cittadini e amministratori
Le reazioni sono varie ma la maggior parte – soprattutto giovani e famiglie – apprezza poter partecipare attivamente alla vita dei quartieri. “Qui ci sentiamo più ascoltati”, racconta Tobias, 27 anni, studente berlinese incontrato durante un evento pomeridiano nell’ex fabbrica tessile. A Ravenna nei weekend d’autunno si contano centinaia di visitatori: chi partecipa ai workshop, chi passa semplicemente a curiosare tra le bancarelle degli artigiani locali. Non mancano però i timori: alcuni residenti temono che questi progetti possano far salire troppo i prezzi delle case o attirare turismo occasionale.
Sfide e prospettive future
Per chi li organizza la sfida resta mantenere viva la partecipazione nel tempo. Solo così – spiegano da entrambe le parti – si potrà davvero parlare di rigenerazione urbana sostenibile. Molti sperano che l’esempio di Ravenna e Berlino diventi un modello per altre città europee alle prese con i loro spazi vuoti. “Non si tratta solo di recuperare edifici”, sottolinea Anna Schultz, “ma di farli tornare parte viva della città”.
In fondo è questa l’eredità che passa da Ravenna a Berlino: l’idea che dietro ogni muro scrostato possa nascondersi un nuovo pezzo di comunità. Basta poco – una porta riaperta o una parete da dipingere – per farlo venire alla luce.





