Roma, 11 dicembre 2025 – Un appello chiaro e diretto al governo arriva in queste ore da Impresa Cultura Italia-Confcommercio, che questa mattina ha presentato a Roma il suo rapporto annuale. Al centro del dibattito, la questione delle disparità territoriali, tema che torna con forza nell’agenda delle istituzioni e degli operatori del settore. “Servono interventi strutturali per ridurre i gap tra territori”, ha rimarcato il presidente Carlo Fontana aprendo la conferenza alle 10, nella sede nazionale di piazza G.G. Belli. Accanto a lui, rappresentanti del Ministero della Cultura, operatori e imprenditori provenienti da diverse regioni.
I dati diffusi da Confcommercio mostrano come la spesa pubblica pro capite per la cultura in Italia resti molto sbilanciata: al Nord si arriva a una media di circa 165 euro all’anno, mentre al Sud si fatica a superare i 70 euro. Questa differenza si riflette sulla vitalità delle imprese culturali: a Milano e Torino ne contiamo più del doppio rispetto a Palermo o Bari. Il rapporto ha messo sotto la lente questi divari, evidenziando ad esempio come a Napoli ci siano solo 6 musei ogni 100mila abitanti, contro i 12 di Bologna.
Fontana non ha usato mezze misure: “Senza investimenti mirati e un’intesa concreta tra Stato, Regioni ed enti locali, rischiamo di allargare ancora di più queste distanze. Il nostro patrimonio culturale non può crescere a due velocità”. Il tema delle risorse pubbliche, già emerso nel recente dibattito parlamentare, si intreccia con le difficoltà nel far arrivare capitali privati, specie nelle zone più isolate.
Durante l’incontro sono saltate fuori alcune proposte concrete. Prima di tutto, un aumento degli incentivi fiscali per chi investe in beni e attività culturali fuori dalle grandi città. Fontana ha insistito su questo punto: “Serve un piano nazionale che punti alla rinascita dei borghi e dei piccoli centri, favorendo l’arrivo di imprese creative”.
Un altro aspetto riguarda la formazione digitale degli addetti ai lavori. Secondo una ricerca interna presentata da Impresa Cultura Italia, solo il 34% delle piccole realtà culturali dispone di strumenti digitali avanzati per gestire e promuovere le proprie attività. “Il rischio – ha aggiunto Fontana – è che chi non riesce a innovare resti escluso”.
L’associazione sollecita anche un intervento del governo sull’accesso ai bandi europei, spesso considerati poco chiari e complicati da interpretare soprattutto nelle aree più svantaggiate. Tra le richieste spiccano la semplificazione delle procedure burocratiche e l’istituzione di una cabina di regia unica nazionale.
Non meno importante è il legame tra cultura e turismo. Secondo Confcommercio, l’Italia potrebbe aumentare fino al 30% il valore aggiunto derivante dai viaggi culturali se si intervenisse sui territori meno sviluppati. Nel dossier si parla apertamente di “patrimonio disperso”: musei poco visitati, teatri chiusi, biblioteche senza personale.
Fontana ha citato la Sicilia come esempio emblematico: “Su 300 siti culturali censiti dalla Regione, solo 90 superano i mille visitatori all’anno”. Situazioni simili si registrano in Molise o Basilicata. “Eppure – ha spiegato un operatore pugliese presente – abbiamo eccellenze che nessuno conosce perché mancano servizi adeguati e collegamenti rapidi”.
Sul fronte governativo, il sottosegretario alla Cultura Lucia Bergonzi (presente all’incontro) ha assicurato l’apertura di un tavolo tecnico con le Regioni entro gennaio: “Conosciamo bene le difficoltà segnalate dalle imprese e dagli enti locali – ha detto Bergonzi – ci sono ancora risorse PNRR da utilizzare e vogliamo destinarle a progetti concreti per ridurre le distanze”.
Nei prossimi mesi è prevista una mappatura dettagliata delle realtà minori, in vista della legge delega sul settore attesa in Parlamento entro marzo. Fontana resta cauto ma deciso: “Basta analisi infinite, ora servono fatti”. Il dialogo tra Stato e operatori proseguirà nei prossimi giorni con nuovi incontri già fissati tra gennaio e febbraio nella sede romana di Confcommercio.
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