Catania, 17 novembre 2025 – Tre persone sono state fermate questa mattina a Catania con l’accusa di tratta di esseri umani, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. L’operazione, guidata dalla Procura di Catania e portata avanti dalla polizia, è scattata all’alba su ordine del Gip, che ha disposto la custodia cautelare in carcere per gli indagati. I particolari dell’inchiesta saranno resi noti durante una conferenza stampa alle 10.30 al Palazzo di Giustizia.
L’indagine nasce da una segnalazione
A quanto si apprende, tutto è partito da una segnalazione arrivata mesi fa alla Squadra Mobile. Alcuni lavoratori stranieri impiegati nelle campagne della provincia avevano raccontato condizioni di lavoro e vita durissime. “Lavoravamo anche dodici ore al giorno, senza contratto e senza pause”, ha detto uno dei testimoni agli investigatori. Da lì è scattata la decisione di approfondire.
Dietro il sistema dello sfruttamento
Gli agenti hanno ricostruito un presunto giro di caporalato che avrebbe coinvolto decine di braccianti, soprattutto dall’Africa subsahariana e dall’Asia meridionale. I lavoratori venivano presi da intermediari, i cosiddetti “caporali”, che promettevano un impiego regolare. Ma una volta nei campi tra Paternò e Palagonia, li mettevano a turni massacranti pagati molto meno del minimo sindacale. “Non avevamo scelta, dovevamo accettare tutto”, ha raccontato un altro testimone.
Arresti e perquisizioni all’alba
Le misure cautelari sono scattate nelle prime ore del mattino. La polizia ha fatto irruzione in diverse abitazioni tra il centro di Catania e la zona industriale, sequestrando documenti, cellulari e contanti. I tre arrestati – due uomini e una donna, tutti residenti in provincia – sono stati portati al carcere di Piazza Lanza. Al momento non sono stati resi noti i loro nomi, che saranno comunicati durante la conferenza stampa.
Le accuse della Procura
La Procura contesta ai fermati i reati di tratta di esseri umani, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Secondo gli investigatori, il gruppo organizzava il trasferimento di lavoratori stranieri in Sicilia, trattenendo parte dei loro stipendi come “compenso” per l’intermediazione. In alcuni casi, i braccianti erano costretti a vivere in alloggi fatiscenti, senza acqua corrente né elettricità. “È una situazione che non possiamo più tollerare”, ha detto una fonte della Procura.
Caporalato, un problema che torna sotto i riflettori
Il caso riporta l’attenzione sul fenomeno del caporalato nelle campagne siciliane. I dati dell’Osservatorio Placido Rizzotto parlano chiaro: solo nel 2024 sono stati segnalati oltre 1.200 episodi di sfruttamento nel territorio. Le province più colpite restano Catania, Ragusa e Siracusa. “Serve un impegno serio da parte delle istituzioni e delle imprese”, ha commentato ieri sera il segretario regionale della Flai-Cgil, Giuseppe Coco.
Attesa per la conferenza stampa
Alle 10.30, nella sala conferenze del Palazzo di Giustizia di Catania, il procuratore Carmelo Zuccaro racconterà i dettagli dell’operazione insieme ai vertici della polizia. Si attendono spiegazioni sul modo in cui venivano reclutati i lavoratori e sulle possibili ramificazioni dell’organizzazione. Non è escluso che nelle prossime settimane emergano nuovi sviluppi o altri indagati.
Le reazioni dal territorio
Nel frattempo, le associazioni che si occupano di migranti hanno espresso forte preoccupazione per la diffusione di queste pratiche. “È una piaga che colpisce i più deboli”, ha detto suor Maria Concetta, responsabile della Caritas diocesana. Anche chi vive nelle zone coinvolte ha raccontato scene di degrado e difficoltà: “Li vedevamo tornare la sera esausti, spesso senza nemmeno una bicicletta per muoversi”, ha confidato un abitante di Palagonia.
L’inchiesta continua: la Procura ha fatto sapere che le indagini restano aperte per accertare l’eventuale coinvolgimento di altre persone o aziende agricole della zona.





