Roma, 19 dicembre 2025 – Ieri sera, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, Daniela Otea ha presentato la sua nuova collezione di abiti d’autore, mescolando moda e arte contemporanea in un percorso espositivo che ha coinvolto designer, critici e un pubblico variegato. L’evento è partito puntuale alle 19.30 sotto le alte volte della storica sede di viale delle Belle Arti. L’idea? Esplorare il rapporto tra tessuti, sculture e pitture. Otea l’ha definito “un modo diverso di pensare l’abito, quasi come un’opera da abitare”.
Gli abiti di Daniela Otea — realizzati appositamente con tessuti organici, pigmenti naturali e dettagli ispirati alle opere delle collezioni permanenti — sono stati esposti su manichini immersi tra i quadri di Balla e le sculture di Canova. Tra i presenti anche il direttore della Galleria, Cristiana Collu, che ha spiegato: “Abbiamo voluto aprire le sale a forme diverse di espressione artistica. Qui la moda dialoga con il nostro patrimonio senza sovrastarlo”.
La sala centrale, animata dal chiacchiericcio tipico delle inaugurazioni romane, ospitava la serie “Materia Viva”. Abiti lunghi dalle linee irregolari accanto a tele astratte: i visitatori si sono avvicinati per toccare i filati o soffermarsi sulle cuciture. “È come vedere i colori delle tele prendere forma”, ha sussurrato un giovane studente dell’Accademia di Belle Arti.
Nata nel 1983 a Parma, Otea ha costruito nel tempo uno stile che unisce arte e moda senza separazioni nette. “Per me non ci sono confini tra discipline”, ha raccontato in conferenza stampa poco prima dell’apertura. “La sfida era confrontarsi con uno spazio come la Galleria Nazionale, carico di storia”.
Le sue creazioni non hanno sfilato su passerelle; sono state mostrate in modo statico e silenzioso. Solo così, con luci soffuse e suoni elettronici in sottofondo, alcuni abiti hanno assunto una presenza quasi scultorea. “Non mi interessa l’effimero — ha detto — ma la relazione tra chi guarda e ciò che indossa”.
Molti esperti hanno seguito con attenzione questo esperimento. Gianni Clerici, storico della moda romana, ha notato che “l’approccio di Daniela richiama certi gesti degli anni ’70: la sartoria che diventa installazione”. Altri hanno sottolineato la distanza dalla moda commerciale: “Non è una collezione prêt-à-porter”, ha chiarito una gallerista milanese presente all’evento.
Durante la serata diversi visitatori — molti giovani ma anche collezionisti affermati — hanno chiesto informazioni su eventuali repliche o acquisti degli abiti esposti. Lo staff di Otea ha precisato: “Sono pezzi unici pensati proprio per questa mostra”. L’atmosfera è rimasta viva fino a tardi; intorno alle 22.30 gruppi ancora sostavano davanti agli abiti più elaborati per scattare foto o scambiarsi impressioni a bassa voce.
Questa iniziativa della Galleria Nazionale segue una tendenza degli ultimi anni: aprire le sale a forme ibride di espressione culturale. Non solo pittura o scultura dunque, ma anche moda sperimentale e design. “Il pubblico risponde bene quando mettiamo insieme linguaggi diversi”, ha raccontato il curatore Marco Baldassarre.
Per Daniela Otea questa mostra segna una tappa importante del suo percorso. Di fronte alla stampa internazionale ha espresso ambizione ma anche prudenza: “Vorrei portare queste installazioni all’estero, magari in Francia o in Giappone. Ogni luogo racconta una storia diversa”.
L’esposizione resterà aperta fino al 7 gennaio 2026. I biglietti si possono comprare online o direttamente alla biglietteria della Galleria Nazionale d’Arte Moderna; orari dalle 9 alle 19 (ultimo ingresso alle 18). L’obiettivo — condiviso da organizzatori e artisti — è offrire una visione più ampia dell’arte: dove l’abito, il gesto creativo e lo spazio si fondono senza soluzione di continuità.
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