Torre Annunziata, 18 dicembre 2025 – Nei sotterranei dell’area archeologica di Oplontis, appena fuori Napoli, stanno emergendo i primi risultati degli scavi e dei restauri ripresi con vigore a settembre. Un lavoro che coinvolge archeologi, restauratori e studenti delle università locali. Proprio qui, dove la Villa di Poppea e altri edifici furono sepolti dalla cenere del Vesuvio nel 79 d.C., la ricerca si concentra su dettagli che stanno rivedendo alcune idee sul passato.
Gli esperti della Soprintendenza Archeologica di Pompei hanno portato alla luce nuovi frammenti di mosaici pavimentali e una porzione di parete affrescata finora sconosciuta, ancora nitida nei colori. A dirlo è Francesca Borgese, responsabile del sito. Le operazioni si sono concentrate vicino all’“ambiente del triclinio”, dove i primi rilievi avevano fatto pensare alla presenza di altri locali secondari. Il lavoro si è svolto soprattutto nelle prime ore del mattino, con squadre a rotazione anche nei pomeriggi più miti.
“Lo stato di conservazione è meglio del previsto”, spiega Borgese mostrando un tessellato geometrico in nero, bianco e verde: un dettaglio che potrebbe indicare un committente importante o una fase decorativa più recente rispetto al resto della villa. Vicino a questo motivo è emersa anche una figura maschile stilizzata, appena accennata, che per i restauratori potrebbe essere un musicista.
Il cantiere di Oplontis, finanziato dal PNRR con il sostegno della Regione Campania, usa nuove tecnologie per mappare gli ambienti in 3D. “Abbiamo impiegato scanner laser e droni a bassa quota per creare modelli digitali in tempo reale”, spiega l’ingegnere Marco Esposito dell’impresa esecutrice. Le immagini raccolte vengono elaborate ogni sera nei laboratori temporanei allestiti nel parcheggio a sud della villa.
I rilievi hanno permesso di scoprire alcune anomalie sotto i pavimenti che potrebbero nascondere altri spazi abitativi. La Soprintendenza parla ora di “proseguire gli scavi in modo più mirato”, senza però fissare ancora date precise per le aperture al pubblico.
Il freddo delle ultime settimane ha rallentato alcune operazioni delicate. In particolare, le basse temperature fra fine novembre e inizio dicembre hanno reso necessario coprire alcuni reperti lignei e sospendere temporaneamente le puliture dei materiali più fragili. “Stiamo lavorando su oggetti mai esposti prima all’aria o alla luce moderna”, confessa Anna Parisi, restauratrice presente fin dall’inizio dei lavori. Dopo attenti controlli si è deciso quali pezzi portare in laboratorio, dando priorità alla sicurezza delle superfici decorate.
L’umidità, monitorata costantemente grazie a sensori posizionati nei punti critici, ha imposto metodi delicati: pennelli morbidi, aspiratori a bassa potenza e solventi a base d’acqua. Parisi racconta che “la priorità è sempre proteggere il materiale originale”, un lavoro che richiede pazienza e continue regolazioni.
Gli archeologi sottolineano come i primi risultati restituiscano un quadro più complesso della vita quotidiana nella Villa di Poppea poco prima dell’eruzione. Sono saltati fuori piccoli oggetti in bronzo – un anello semplice, una fibbia – resti vegetali carbonizzati probabilmente legati a pasti consumati in fretta e qualche stoviglia comune. “Sono dettagli piccoli – osserva Borgese – ma fondamentali per ricostruire abitudini spesso ignorate dalla storiografia ufficiale”.
Per gli esperti proprio lo studio degli avanzi alimentari e degli utensili potrà offrire indizi sulla composizione sociale degli abitanti, sui loro consumi e persino sulle reti commerciali tra Oplontis, Pompei ed Ercolano.
Il nuovo ciclo di scavi andrà avanti almeno fino alla prossima estate, salvo imprevisti legati al meteo o a problemi tecnici. L’obiettivo è anche ampliare il percorso di visita per i turisti. Non è stata ancora fissata una data precisa per l’apertura delle nuove aree ma dal Comune fanno sapere che puntano ad accogliere i primi gruppi entro la tarda primavera del 2026.
Intanto la comunità scientifica internazionale segue con attenzione questi sviluppi. “Queste scoperte confermano quanto sia importante Oplontis nello studio del mondo romano vesuviano”, ha commentato l’archeologa statunitense Mary Beard in una nota diffusa dal suo dipartimento.
L’attesa resta alta. Tutti gli occhi – dagli esperti ai curiosi – sono puntati su Torre Annunziata: qui, passo dopo passo, la storia torna a farsi vedere tra scavi, restauri e qualche sorpresa ancora da scoprire.
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