Palermo, 29 dicembre 2025 – L’azzeramento del disavanzo della Regione Siciliana non è arrivato per caso. Dietro c’è un percorso lungo e complesso, partito mesi fa e che ha trovato compimento nei bilanci di previsione approvati quest’anno. Un cammino che affonda le radici nell’esperienza della giunta Musumeci. Oggi a rivendicarne i meriti sono sia la nuova amministrazione guidata da Renato Schifani, sia gli ex assessori, tecnici e politici che hanno lavorato in quella stagione.
Un percorso avviato ben prima del cambio di giunta
A Palazzo d’Orléans, tra faldoni e scartoffie contabili, la strada verso il risanamento è stata tracciata già nel biennio 2021-2022. Gaetano Armao, allora assessore all’Economia, non ha mai nascosto la situazione in aula: “Ci sono vincoli rigidi da rispettare. Abbiamo messo le basi per il rientro”. Il nodo era chiaro: il disavanzo strutturale accumulato negli anni precedenti e finito sotto la lente della Corte dei conti. Dopo mesi di confronti con i tecnici del Ministero dell’Economia è nata una strategia in tre tappe: taglio della spesa, gestione dei debiti pregressi e aumento delle entrate autonome.
Le cifre sotto la lente
Il nodo politico resta sempre quello: i numeri. A fine 2021, il disavanzo toccava quasi i 7 miliardi di euro. Una cifra enorme da smaltire con misure ordinarie e straordinarie: tagli agli enti partecipati, revisione dei trasferimenti, razionalizzazione degli appalti pubblici. Solo la rinegoziazione dei mutui ha consentito alla Regione un risparmio superiore ai 150 milioni l’anno. Una cifra importante, certo, ma che gli esperti giudicano ancora “insufficiente”. Lo stesso Armao lo ammetteva a ottobre scorso durante un convegno all’Università di Palermo: “La riduzione strutturale richiede continuità”.
Con la nuova amministrazione cambia ritmo
Quando Schifani ha preso le redini a fine 2022, la partita del disavanzo era ancora aperta. La nuova squadra guidata da Marco Falcone all’Economia non ha mollato il lavoro fatto prima, ma lo ha anzi accelerato. Nei primi mesi del 2023 sono state messe in moto procedure più veloci: dal riaccertamento straordinario dei residui attivi e passivi alla valorizzazione degli immobili pubblici non più necessari. “La collaborazione tra governi è stata reale”, ha spiegato Falcone in conferenza stampa sui conti del bilancio 2024. L’obiettivo? Garantire “continuità amministrativa” e rassicurare Roma sull’impegno siciliano.
Reazioni politiche tra riconoscimenti e tensioni
Il riconoscimento del lavoro della giunta Musumeci non è passato inosservato neppure all’opposizione. Il capogruppo PD all’Ars Antonello Cracolici ha commentato: “Prendiamo atto che finalmente si riconosce il valore della programmazione”. Ma dentro Forza Italia – partito di Schifani – qualche ex assessore chiede più chiarezza su chi porta davvero i meriti. “La stabilità finanziaria non nasce da una sola persona, ma da una squadra”, ricorda un esponente vicino a Musumeci. Non mancano però le ombre: alcuni sindacati temono che i tagli alle risorse degli enti locali peseranno su servizi essenziali come trasporti e sanità.
I tecnici osservano, nuovi passi in vista
Gli esperti esterni – come la sezione regionale della Corte dei conti – continuano a tenere d’occhio i conti siciliani. Nel loro ultimo rapporto riconoscono un “deciso cambio di passo” rispetto al passato ma sottolineano: “Il rientro dal disavanzo deve andare di pari passo con una programmazione pluriennale delle entrate”. Proprio nei giorni scorsi il governo Schifani ha inviato a Roma l’aggiornamento sulle misure adottate. Il confronto con il Ministero dell’Economia resta aperto in vista delle scadenze del 2026.
Sul tavolo ci sono ancora molte sfide: dal recupero dell’evasione fiscale alla gestione delle risorse del PNRR destinate all’isola. Fonti vicine all’assessorato al Bilancio avvertono che serviranno altri sacrifici. Ma la linea è chiara: “Non torneremo indietro”, ha garantito Falcone ieri mattina in Sala Alessi davanti ai giornalisti.
Così, tra attese e promesse, la Sicilia cerca di voltare pagina dopo anni di numeri in rosso. Con l’azzeramento del disavanzo come bandiera condivisa – almeno per ora – da vecchi e nuovi protagonisti di Palazzo d’Orléans.





