Roma, 13 dicembre 2025 – La sera del 31 dicembre, alle 20:30, il Teatro Argentina di Roma ospiterà il Concerto di fine anno nel segno del dialogo tra culture, un evento nato dalla volontà, come ha spiegato il direttore artistico Marco Moretti, di far incontrare mondi diversi affidando alla musica il ruolo di ponte. L’iniziativa, promossa dal Comune di Roma e dalla Fondazione Musica per la Pace, vedrà sul palco musicisti provenienti da Iran, Senegal, Ucraina e Italia. Un’occasione pensata per salutare l’anno nuovo con un messaggio forte di convivenza.
Il cuore del concerto è semplice: mostrare come tradizioni diverse possano parlarsi e intrecciarsi attraverso la musica. Sul palco, accanto all’Orchestra Sinfonica della Città di Roma, saliranno la cantante iraniana Shirin Gholami, il percussionista senegalese Amadou Diop, il violinista ucraino Oleh Hrytsenko e il soprano italiano Giulia Bianchi. Ieri, durante le prove nella sala principale del teatro – tra lampadari spenti e spartiti sparsi ovunque – si respirava un’aria intensa ma gioiosa. Gholami ha detto: “Non c’è modo migliore di iniziare l’anno che condividendo la nostra musica e ascoltando quella degli altri”.
Anche la scelta dei brani racconta questa idea. Si passerà dai classici europei come “Va’, pensiero” e la “Sinfonia n. 9” di Beethoven (il celebre “Inno alla gioia”) a musiche popolari senegalesi e canti persiani. Non mancheranno arrangiamenti originali, come una versione per ensemble misto di “O sole mio”, con la voce di Giulia Bianchi accompagnata dalle percussioni di Diop. Moretti ha confidato durante una pausa delle prove: “L’Orchestra ha accolto con entusiasmo questa sfida. C’è curiosità, qualche timore per i ritmi nuovi, ma si impara tantissimo”.
L’ingresso sarà gratuito ma con prenotazione obbligatoria tramite il sito della Fondazione. Sono attesi circa 900 spettatori. Tra loro molte famiglie straniere residenti a Roma – come ha ricordato l’assessora alla Cultura Claudia Ruggeri – “perché vogliamo che questa sia una festa davvero aperta a tutti, non solo un evento ufficiale”. All’ingresso verranno distribuiti libretti con testi brevi in italiano, ucraino, farsi e francese: un piccolo gesto concreto per far sentire tutti accolti.
Non sarà solo un concerto. A fine serata è previsto un breve intervento della sociologa Fatima El Ghazali, che parlerà del valore della cultura contro i pregiudizi. I musicisti resteranno in sala per incontrare il pubblico e rispondere alle domande. Il direttore d’orchestra Luca Mariani ha spiegato: “Spesso un concerto resta dentro schemi fissi. Stavolta invece vogliamo che sia l’inizio di uno scambio vero”.
I biglietti sono andati esauriti in due giorni dall’annuncio. Secondo gli organizzatori, oltre il 40% delle prenotazioni arriva da cittadini stranieri residenti a Roma. Tra gli spettatori c’è anche Samir, egiziano cuoco a Testaccio: “Di solito non vado a concerti sinfonici, ma stavolta mi sono sentito chiamato in causa”. Le autorità cittadine sperano che questa iniziativa diventi un appuntamento fisso: “Roma è una città-mondo e lo dimostra ogni giorno”, ha commentato la sindaca Michela Conti.
In una città spesso segnata da tensioni tra comunità diverse, la scelta del Comune di Roma è chiara: mettere la cultura al centro del dialogo sociale. E affidare proprio alla musica – nelle parole di Moretti – “il compito di ricordarci che ciò che ci unisce è molto più di quello che ci divide”. Così, tra i velluti rossi e le colonne del Teatro Argentina, l’ultimo dell’anno si colorerà delle voci e dei suoni di quattro mondi diversi. Un modo concreto per accogliere il 2026 con fiducia – o almeno provarci davvero.
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