Raffaele Curi: l'arte in crisi tra innovazione tecnologica e tradizione - ©ANSA Photo
La riflessione di Raffaele Curi, noto direttore creativo di Alda Fendi Esperimenti, si fa sempre più urgente e provocatoria. Con la sua affermazione che “la mente intuitiva è un dono sacro, mentre la mente razionale è un fedele servo”, Curi invita il pubblico a interrogarsi profondamente sul futuro dell’arte e dello spettacolo nell’epoca dell’intelligenza artificiale. La sua nuova mostra-installazione, intitolata “Is it sundown”, che si terrà a Palazzo Rhinoceros dal 26 febbraio al 15 ottobre, si inserisce perfettamente in questa riflessione, ponendo interrogativi su un possibile tramonto di un’epoca d’oro, o sull’inizio di qualcosa di nuovo e inaspettato.
Situato nel cuore pulsante di Roma, vicino al Circo Massimo e alla Bocca della Verità, il Palazzo Rhinoceros diventa il palcoscenico di un dialogo tra arte e tecnologia. “L’irruzione delle straordinarie possibilità offerte dalla tecnologia, insieme al deterioramento del mondo dello spettacolo tradizionale”, afferma Curi, “ci costringe a chiedere se stiamo assistendo alla fine di un’era”. Questa inquietudine è accentuata dai recenti cambiamenti politici ed economici, tra cui l’ascesa di figure come Donald Trump, che ha segnato un cambiamento radicale nel panorama culturale americano e non solo.
Il titolo della mostra, evocativo e inquietante, trae ispirazione da “Tramonto a New York”, il divano progettato da Gaetano Pesce nel 1980, che rappresenta un sole che si spegne tra i grattacieli. Questa immagine sintetizza il sentimento di smarrimento e disillusione che caratterizza la nostra epoca. Curi continua a riflettere su questo tema, sottolineando il dilemma contemporaneo di essere ancora umani o di abbracciare le caratteristiche della tecnologia. “Labbra di lurido viola per un futuro caratterizzato dal dilemma”, dice, richiamando Karl Kraus, che affermava che “un artista è colui che sa creare un enigma da una soluzione”.
Alda Fendi, co-fondatrice dell’omonima fondazione, esprime la sua resistenza all’idea di una fine definitiva: “Non voglio credere al tramonto di un’epoca e spero fortemente che il nostro momento storico non sia caratterizzato da venti di disfatta”. La sua fiducia nella “religione degli artisti”, che ha sempre trionfato, è un richiamo alla capacità dell’arte di reinventarsi e di offrire nuove prospettive. In questo contesto, i colori giallo e viola intensi scelti per la mostra simboleggiano la tensione tra la gioia di vivere e la paura dell’ignoto, un dualismo che permea la nostra società contemporanea.
La mostra di Curi si presenta come un caleidoscopio di riferimenti culturali, spaziando dal cinema di Anthony Mann a quello di David Lynch, con immagini oniriche e surreali che attraversano il percorso espositivo. Le sagome di Lynch, sospese in alto con una pellicola a mo’ di bavaglio, evocano una sorta di silenzio assordante che grava sul panorama cinematografico contemporaneo. Un silenzio che riflette la crisi del cinema, sopraffatto dalle serie delle piattaforme di streaming e da storie sempre più lontane dalla realtà sociale.
“Se si guarda oltreoceano, a Hollywood, il cinema sembra ormai sopraffatto”, osserva Curi, lamentando che “le storie popolate da mostri e spettacolarizzazioni leggendarie non lasciano più spazio a racconti sociali o drammi personali”. Questa crisi non è limitata agli Stati Uniti; anche il cinema europeo, e in particolare quello italiano, sembra attraversare una fase di smarrimento. La cultura cinematografica, un tempo ricca di significato e profondità, si trova ora a fronteggiare una realtà in cui il pubblico è sempre più attratto da contenuti superficiali e privi di sostanza.
Curi sottolinea la necessità di reinventare la nostra società con nuove regole e prospettive, evidenziando come l’intelligenza artificiale stia per codificare un altro modo di intendere il vivere, sia nello spettacolo che nella vita quotidiana. L’arte, quindi, non è solo un riflesso della realtà, ma diventa anche un catalizzatore per il cambiamento, un modo per affrontare le sfide del presente e del futuro.
Il dibattito che si apre con “Is it sundown” non è solo una questione di estetica, ma una riflessione profonda sulle direzioni che il nostro mondo potrebbe prendere. La mostra di Curi offre uno spazio di confronto, un invito a esplorare le intersezioni tra arte, tecnologia e umanità, in un momento storico in cui il confine tra il reale e l’artificiale diventa sempre più sfumato.
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