Roma, 15 dicembre 2025 – Sarebbero state chieste mazzette anche solo per ottenere la restituzione della salma di un giovane ucciso a Roma qualche mese fa. È quello che sta emergendo dall’inchiesta della Procura capitolina, che da settimane ha acceso i riflettori su presunte irregolarità nel settore funebre della città. Dietro, dicono gli inquirenti, si nasconderebbe una rete di corruzione che coinvolge dipendenti comunali e impresari privati.
Tutto è cominciato nella notte del 22 settembre all’obitorio del Policlinico Tor Vergata. Il corpo di Samuele L., 26 anni, ucciso in una rissa a Cinecittà, aspettava l’autopsia. La famiglia, distrutta dal dolore e in cerca di risposte, si era affidata a un’impresa funebre per sistemare le pratiche. Ed è qui che, secondo i parenti, qualcuno ha chiesto una cifra “extra” — tra i 400 e i 600 euro — per velocizzare il rilascio della salma e poter organizzare il funerale.
A raccontarlo è stato il padre: «Mi hanno detto che senza quei soldi avremmo dovuto aspettare giorni. Non riuscivo a crederci», ha detto agli agenti della Polizia di Stato. Il pubblico ministero Francesca Gerli ha subito avviato controlli incrociati sui dipendenti dell’obitorio e su alcune agenzie.
Nel fascicolo sono finite anche intercettazioni ambientali raccolte nelle settimane successive. I familiari delle vittime sarebbero stati messi più volte davanti a un bivio: pagare una “tassa informale” oppure attendere senza sapere per quanto.
Un impiegato comunale, indagato per concorso in corruzione, avrebbe detto a un collega: «Qui dentro funziona così, se non metti mano al portafoglio non vai avanti». Parole che dipingono un quadro inquietante e opaco su come operano alcuni ambienti del settore funebre romano.
La richiesta di mazzette per la restituzione della salma non sembra un episodio isolato. Già nel 2022 la Procura aveva aperto un fascicolo su presunte tangenti tra dipendenti dell’ufficio cimiteriale e impresari funebri — legate a concessioni di loculi, cremazioni anticipate e pratiche burocratiche. Ora questa nuova fase punta a capire se esista un vero e proprio “listino prezzi” parallelo.
Fonti vicine alle indagini parlano di almeno tre obitori sotto osservazione: quelli di Tor Vergata, Santo Spirito e il policlinico di San Camillo. Solo in ottobre sarebbero arrivate una decina di segnalazioni simili. Ma molte famiglie, spaventate o senza speranze, scelgono di non denunciare.
L’assessore alla Sanità del Lazio, Maria Caterina De Rossi, ha chiesto “tolleranza zero contro chi sfrutta il dolore delle famiglie”. «Serve più controllo e trasparenza — ha detto ieri mattina dopo un incontro con i sindacati — perché episodi così fanno solo male a un servizio pubblico che dovrebbe garantire dignità».
Le associazioni di categoria hanno assicurato la loro disponibilità a collaborare, pur riconoscendo quanto sia difficile sorvegliare comportamenti scorretti individuali. Andrea Serafini, presidente di una storica impresa funebre romana, ha commentato: «Siamo stanchi di pagare per errori che non sono nostri. Vogliamo prima noi mettere ordine».
Per ora non ci sono indagati ufficiali nel registro. L’inchiesta va avanti con una serie di interrogatori già fissati per la prossima settimana. La squadra mobile sta monitorando i flussi di denaro tra alcune agenzie private e conti riconducibili a dipendenti pubblici. Non si esclude che presto possano scattare misure cautelari.
Nel frattempo la famiglia del ragazzo aspetta giustizia su due fronti: l’omicidio e quella brutta pagina vissuta nel momento più difficile. «Volevamo solo seppellire nostro figlio in pace», ha detto la madre uscendo dal commissariato in via Tuscolana. In poche parole c’è tutta l’amarezza di una storia che la città vuole vedere chiarita fino in fondo.
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