Singapore, 23 dicembre 2025 – Dal cuore del Sud-Est asiatico fino alle coste ventose del Baltico, Singapore e Copenaghen attirano oggi l’attenzione internazionale per un tratto in comune: sanno davvero mettere “l’uomo al centro di tutto”. Due città lontane per storia, cultura e geografia, ma unite da un modo di progettare lo spazio urbano dove il benessere delle persone non è solo una bella frase, ma la vera stella polare.
Una mattina umida di dicembre a Marina Bay Sands, il paesaggio urbano si presenta compatto ma sorprendentemente armonioso. I dati del Ministero dello Sviluppo Nazionale di Singapore parlano chiaro: oltre 7.800 abitanti per chilometro quadrato, un record in Asia. Eppure, camminando tra le HDB – le iconiche case popolari – non è raro imbattersi in parchi lineari, campetti sportivi di quartiere e spazi comuni accoglienti.
“Abbiamo capito che nessun grattacielo basta senza spazi verdi a portata di mano”, ha detto recentemente Lawrence Wong, primo ministro. Nei quartieri come Tanjong Pagar o Toa Payoh, gli spazi condivisi sono gestiti da comitati civici che raccolgono le esigenze dei residenti. Dettagli che fanno la differenza: una panchina sempre all’ombra, una pista ciclabile lontana dal traffico intenso o la fermata del bus a massimo 400 metri dall’ingresso di casa. Non è frutto del caso ma di una pianificazione pensata davvero per chi ci vive. Un modello spesso indicato anche dall’ONU-Habitat.
Più di 10.000 chilometri a nord, Copenaghen ha fatto della “vivibilità” un punto d’onore. L’ultimo rapporto 2024 dell’Economist Intelligence Unit conferma: per l’ottavo anno consecutivo è la città europea dove si vive meglio. Il motivo? “Qui la bicicletta non è solo un’alternativa all’auto, ma fa parte della cultura”, racconta Morten Kabell, ex assessore alla mobilità.
In un pomeriggio di dicembre alle cinque precise, le piste ciclabili in centro si riempiono di famiglie, lavoratori e studenti. Il dato sorprende: il 62% dei cittadini pedala ogni giorno per andare al lavoro o a scuola, secondo le ultime rilevazioni comunali. I ponti come l’Inderhavnsbroen sono studiati per connettere i quartieri e facilitare l’accesso agli spazi pubblici perché “la città è soprattutto relazione”, aggiunge Kabell.
A Singapore il mix etnico prende vita nei food court e nei centri comunitari multilingue; a Copenaghen invece l’inclusione passa da servizi “open” e pensati per tutti: asili che accolgono anche famiglie migranti, biblioteche con eventi gratuiti e consultori sparsi nei vari municipi.
I dati della Social Development Board singaporiana e del Ministero danese degli Affari Sociali parlano chiaro: la soddisfazione rispetto ai servizi sociali si avvicina all’85%. “Un risultato raggiunto ascoltando davvero i cittadini”, sottolinea Signe Krogstrup, economista dell’università di Copenaghen.
Non mancano però i nodi da sciogliere: a Singapore cresce il timore per i prezzi delle case – raccontano alcuni residenti nella zona di Bukit Merah –, mentre a Copenaghen si moltiplicano i confronti sulle disuguaglianze tra centro e periferia.
Gli esperti sono d’accordo: nessuna delle due città ha problemi risolti una volta per tutte. Restano sul tavolo questioni spinose come l’ambiente e le tensioni sociali. “L’importante è coinvolgere davvero tutti”, dice Jan Gehl, famoso architetto danese. Solo così – aggiunge Gehl – “la città diventa una palestra quotidiana di democrazia”.
Singapore guarda con attenzione alle soluzioni nordiche per ridurre l’impatto ambientale; Copenaghen invece studia il modello asiatico per integrare più tecnologia nei servizi pubblici. Insomma, due realtà distanti che continuano a scambiarsi idee e imparare.
La verità resta una: nei parchi di Queenstown come lungo i canali di Christianshavn è sempre la persona a dare forma alla città. E se oggi Singapore e Copenaghen sono sotto i riflettori è perché dimostrano con i fatti che mettere davvero l’uomo al centro non è uno slogan vuoto. Ci vuole visione certo, ma soprattutto ascolto quotidiano e scelte concrete da parte dei governanti.
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