Roma, 11 dicembre 2025 – Giorgio Morandi torna a far parlare di sé nella capitale con una grande mostra, mentre la Sardegna apre le sue porte alle opere di Maria Lai e a un ciclo prezioso di incisioni firmate da Albrecht Dürer. Tre mostre, tre città diverse, ma un solo filo conduttore: riportare sotto i riflettori alcuni dei nomi che hanno segnato la storia dell’arte, tra poesia quotidiana, ricerca spirituale e tecniche raffinate.
A Roma, la mostra su Giorgio Morandi ha aperto questa settimana al Palazzo delle Esposizioni in via Nazionale e sarà visitabile fino a marzo prossimo. Sono più di ottanta le opere esposte: oli, disegni e acqueforti che raccontano nature morte, bottiglie e paesaggi intimi come solo il maestro bolognese sapeva fare. Fin dall’ingresso si entra nel suo mondo rarefatto: luci soffuse, pareti color crema, l’essenziale che basta.
“Morandi ci insegna concentrazione e pazienza”, spiega Laura Cherubini, curatrice della mostra. “Qui si sente il tempo lento dello studio, la ripetizione che diventa meditazione”. Alcune opere arrivano direttamente dal Museo Morandi di Bologna, altre da collezioni private – e i cartellini raccontano il viaggio di queste tele prima del ritorno insieme. Chi passeggia tra le sale lo fa in silenzio, quasi senza accorgersene. C’è chi prende appunti, chi si ferma davanti ai famosi vasi disposti su tavolini di legno, riconoscibili a distanza per i toni pastello.
Non mancano i primi commenti: “Mi colpisce la pace che trasmette – racconta Francesca, una signora sui sessant’anni venuta da Monteverde – sembra quasi di sentire il rumore dei pennelli sulla tela”. La mostra è aperta tutti i giorni dalle 10 alle 20. Il biglietto costa 15 euro.
A più di 500 chilometri da Roma, nell’entroterra sardo di Ulassai, torna protagonista Maria Lai con un allestimento nuovo nel museo dedicato a lei. Al Museo Stazione dell’Arte, inaugurato pochi giorni fa, si possono vedere tessiture, libri d’artista e installazioni che dialogano con il paesaggio aspro della Barbagia.
“Abbiamo voluto raccontare il legame tra arte e comunità”, spiega Giovanni Maria Puddu, direttore del museo. “Lai qui ha lasciato un segno indelebile: non solo nelle opere ma nella memoria collettiva”. Gli orari sono diversi da quelli cittadini: apertura alle 10 del mattino e chiusura alle 17. Spesso le visite sono guidate da giovani del paese che mescolano aneddoti personali a dettagli sulle opere.
Una sala è dedicata alla celebre performance “Legarsi alla montagna” del 1981: il nastro azzurro ritorna in foto e video d’archivio, mentre alcuni telai raccolgono frammenti di fili colorati e scritte in sardo e italiano. Qui si fermano soprattutto le scolaresche. “La mia maestra ci faceva cucire le lettere”, confida una ragazza in fila. L’ingresso costa 7 euro; ridotto a 5 per gli under 18.
Ultima tappa sempre a Ulassai: al museo civico è aperta fino a fine gennaio la mostra “Dürer e il segno della fede”. Esposte ci sono ventidue incisioni originali di Albrecht Dürer, provenienti dalla raccolta Giacometti e dalla Galleria Estense di Modena, che raccontano il percorso interiore dell’artista tedesco.
Le teche custodiscono fogli piccoli ma ricchissimi di dettagli. La “Melencolia I”, “San Girolamo nello studio”, la “Grande Passione”: i visitatori si avvicinano per cogliere ogni linea incisa e cercare nelle ombre le storie antiche. Il biglietto cumulativo con la mostra di Lai costa 10 euro. Le visite guidate partono alle 11:30 e alle 15:00.
“Queste opere portano la spiritualità del Nord Europa qui in Sardegna”, riflette una guida locale. “Sono immagini vive ancora oggi; basta saperle guardare”. Il paese – poco più di tremila abitanti – vive l’arrivo della mostra come un’occasione speciale: nei bar e in piazza non si parla d’altro.
Morandi a Roma, Lai e Dürer a Ulassai: tre appuntamenti che mettono in dialogo mondi lontani, dal cuore della capitale fino al centro più interno della Sardegna. Forse è proprio in questo scambio fatto di silenzi ed emozioni che l’arte continua a raccontare la sua storia.
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