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MasterChef Italia 25 dicembre: doppia eliminazione e ospiti d’eccezione Bottero e Dipino

Milano, 26 dicembre 2025 – Roberto Bottero, chef della storica Arnaldo Clinica Gastronomica di Rubiera, e Antonio Dipino, patron de La Caravella di Amalfi, si sono incontrati ieri sera a Milano per un faccia a faccia sulla tradizione e il futuro della cucina italiana. L’appuntamento, organizzato nello spazio eventi di via Savona e guidato dalla giornalista Lara Ronchi, ha richiamato un pubblico attento e partecipe: tra i presenti, ristoratori milanesi e appassionati di gastronomia. Al centro del dialogo c’era una domanda precisa: come può la ristorazione legata al territorio tenere il passo con l’innovazione e il cambio generazionale?

Una chiacchierata tra generazioni

Bottero, 43 anni a novembre, è alla guida della Clinica Gastronomica Arnaldo dal 2019. “Quando ho messo piede in cucina, qui a Rubiera, ero un ragazzino alle prime armi che girava tra i carrelli degli arrosti. Il ristorante era di mia zia, ma le regole erano quelle di un altro tempo”, ha raccontato. Sul palco, lo chef emiliano ha alternato aneddoti d’infanzia a riflessioni più pratiche: “Da noi si fa ancora la sfoglia a mano, si tirano i cappelletti come quarant’anni fa. Non potrei fare diversamente, anche se qualche volta mi chiedo: non rischiamo di restare fermi?”

Dipino – nato nel 1974 e alla guida de La Caravella dal 2007 dopo anni trascorsi a Londra – ha risposto con una battuta: “Non temo tanto il ritorno alle ricette della nonna quanto riuscire a far capire ai miei ragazzi perché l’aliciata deve marinare per due giorni. C’è chi è cresciuto con la pizza surgelata.” Il titolare amalfitano ha messo l’accento sulla formazione: “Ci vuole tempo e umiltà. Anche quando arriva il critico che vuole tutto perfetto”.

Tradizione sì, ma non da museo

Alla domanda sul rischio che la tradizione diventi un museo, entrambi hanno usato prudenza. Bottero ha ammesso: “A Rubiera abbiamo clienti che tornano da cinquant’anni per mangiare lo stesso carrello dei bolliti, la stessa salsa verde. Non posso stravolgere tutto – ha detto – ma qualche novità si può introdurre, partendo dalla materia prima”. Un esempio? L’arrivo di verdure biologiche coltivate a pochi chilometri dal locale.

Dipino invece ha parlato delle sfide legate al territorio campano: “Lavoriamo soprattutto sul pesce povero. La Costiera ci regala prodotti straordinari, ma serve coraggio per proporli a una clientela straniera abituata ai piatti più conosciuti. Ogni giorno devi raccontare una storia nuova – ha spiegato – anche se rischi qualche recensione negativa”.

Dal pubblico è arrivata la domanda di Martina Franchi, studentessa del Politecnico: “Come attirare i giovani senza stravolgere il menu?”. Bottero ha risposto: “Li coinvolgi nel racconto. Li fai entrare in cucina, gli mostri come nasce un piatto. Solo così capiscono che dietro al tortellino c’è un lavoro vero”.

Eredità familiare e sfide in arrivo

I due ristoratori hanno toccato anche il tema dell’eredità famigliare. “Qualcuno ti ricorda sempre che non sarai mai come tuo padre o tuo zio”, ha confidato Dipino con un sorriso amaro. “Ma devi accettare che i tempi cambiano: clienti, materie prime, normative”. Bottero ha aggiunto: “Non temo essere nipote d’arte; quello che mi preoccupa è perdere il senso della fatica che c’era una volta”.

Il discorso è poi passato alle nuove tecnologie in cucina e all’impatto della digitalizzazione. Per Bottero i social possono aiutare solo fino a un certo punto: “Se un cliente arriva perché ha visto una foto su Instagram, devi esser bravo anche nel servizio vero”. Dipino concorda: “Nessuna foto può restituire l’odore del mare quando apro una cassetta di alici”.

Cambiamenti in vista per i ristoranti italiani

Verso la fine della serata, Ronchi ha chiesto una riflessione sul ruolo sociale dei ristoranti tradizionali nel 2026. Dipino ha parlato di responsabilità verso il territorio: “Dobbiamo difendere la filiera locale e resistere alle mode passeggere. Senza però chiuderci in noi stessi”. Bottero ha chiuso con un appello ai giovani cuochi: “Non abbiate paura del confronto. Le ricette cambiano ogni giorno, ma il rispetto per chi lavora resta sempre lo stesso”.

L’incontro si è concluso poco prima delle 23 tra applausi e strette di mano ritardate. Milano resta così laboratorio aperto per la cucina italiana che cambia senza dimenticare le sue radici – neanche quando pesano troppo.

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