La storia dimenticata di un bambino di balzano e l'ombra del fascismo a trieste - ©ANSA Photo
Nel panorama letterario contemporaneo, il romanzo “Bambino” di Marco Balzano si staglia come una riflessione profonda e inquietante sulla violenza e la brutalità del fascismo. Protagonista della storia è Mattia Gregori, un giovane il cui soprannome, “Bambino”, contrasta con la ferocia delle sue azioni. Balzano, attraverso la penna di Gregori, offre uno spaccato crudo e realistico della vita sotto un regime totalitario, facendo emergere temi di identità, appartenenza e disumanizzazione.
La narrazione si sviluppa in un contesto storico caratterizzato dalla violenza degli squadristi fascisti, che garantiscono l’impunità ai loro atti di aggressione. Mattia, pur essendo un giovane orfano, si trova a scoprire una forma di potere e sicurezza nell’appartenenza a un gruppo che lo spinge a commettere atrocità. La sua psicologia è al centro del romanzo: Balzano non si limita a descrivere un personaggio crudele, ma esplora le motivazioni profonde che lo portano a diventare un persecutore. La sensazione di onnipotenza che deriva dall’appartenere a un branco diventa un tema ricorrente, mostrando come il contesto storico possa alterare la percezione di umanità e pietà.
Trieste e l’Istria, con le loro storie di convivenza e conflitti, fanno da sfondo alla vicenda di Mattia. Qui, l’autore mette in luce la complessità delle identità culturali, evidenziando come il fascismo abbia cercato di eradicare le lingue e le tradizioni degli slavi, trasformando vicini di casa in nemici. La narrativa di Balzano non è solo una cronaca storica, ma un invito a riflettere sulle conseguenze delle ideologie oppressive e sull’impatto che queste hanno sulle relazioni umane.
Il rapporto di Mattia con il suo amico Ernesto, slavo, rappresenta un punto cruciale nel romanzo. Nonostante l’amicizia, Mattia si ritrova a diventare il carnefice di Ernesto, spinto da un’ideologia che demonizza la sua stessa persona. La contraddizione di un giovane che deve confrontarsi con il suo passato e il suo presente è palpabile, creando un conflitto interiore che lo accompagnerà per tutta la narrazione. Questo aspetto è emblematico di come le ideologie possano deformare le relazioni umane, trasformando legami profondi in rivalità e odio.
La figura del padre di Mattia, un artigiano orologiaio che rifiuta di iscriversi al partito fascista, offre un contraltare alla ferocia del protagonista. La sua resistenza all’autoritarismo e la sua integrità morale lo rendono un simbolo di opposizione, ma anche un tragico esempio delle conseguenze di tale scelta. La persecuzione subita da parte dei compagni di Mattia illustra come i legami di sangue e affetto possano essere spezzati da ideologie oppressive.
L’amore impossibile di Mattia per Gigliola, una giovane donna che si trova a proteggere gli ebrei, aggiunge un ulteriore strato di complessità alla narrazione. La sua figura rappresenta la possibilità di una resistenza umana all’orrore, ma anche la vulnerabilità di chi si oppone a un regime totalitario. Gigliola diventa un simbolo di speranza e di amore in un mondo dominato dalla paura e dalla violenza, ma la sua scomparsa lascia un vuoto incolmabile nella vita di Mattia, costringendolo a confrontarsi con le conseguenze delle sue scelte.
In conclusione, “Bambino” di Marco Balzano non si limita a raccontare la storia di un singolo individuo, ma offre una rappresentazione più ampia di una società lacerata dalla guerra e dall’oppressione. La narrazione di Mattia Gregori ci ricorda che la memoria storica è fondamentale per comprendere il presente e per evitare di ripetere gli errori del passato. La brutalità del fascismo, con le sue profonde radici nella disumanizzazione e nell’oppressione, deve rimanere viva nella nostra coscienza collettiva, affinché possiamo costruire un futuro migliore, lontano dalla violenza e dall’odio.
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