Isaac B. Singer torna a casa: un viaggio nella memoria di Via Krochmalna - ©ANSA Photo
Varsavia, 21 novembre 2025 – Isaac Bashevis Singer torna in libreria con un romanzo inedito per l’Italia, “Ritorno in via Krochmalna”, pubblicato da Adelphi e tradotto da Katia Bagnoli. Il libro, 216 pagine al prezzo di 19 euro, è un tassello importante della trilogia yiddish gangster stories che l’editore milanese sta recuperando grazie a Elisabetta Zevi. Siamo agli inizi del Novecento, nel cuore del quartiere ebraico di Varsavia, dove si muove Max Barabander, un uomo tormentato tra un passato criminale in Argentina e il richiamo irresistibile delle sue radici.
Max arriva a Varsavia da Buenos Aires, lasciandosi alle spalle bordelli e affari loschi. Non è solo un cambio di continente: è una ricerca di sé, un tentativo di riscatto dopo la morte del figlio diciassettenne, Arturo. “Vivono come cent’anni fa”, si sorprende Max, guardando una città che sembra ferma nel tempo. L’Hotel Bristol diventa il suo rifugio dorato, ma la nostalgia e la colpa lo seguono ovunque. Spende soldi con generosità esibita, forse per comprarsi una nuova vita o solo un po’ di pace.
Singer mette intorno a Max una serie di personaggi che sembrano usciti da un quadro yiddish: poveracci, malviventi, patrioti, socialisti. C’è la giovane figlia di un rabbino, moderna e inquieta, che sogna di scappare da una famiglia soffocante; c’è Reyzl, moglie di un vecchio amico, e Basha, una ragazza povera destinata a finire in Argentina per i traffici di Max. “Come un bove condotto al macello”, Max si dibatte tra tentazioni e rimorsi, tra fede e desiderio. Il conflitto tra spiritualità e corpo attraversa ogni pagina, con un tocco di ironia che non spegne mai la tensione.
La via Krochmalna non è solo uno sfondo: è il cuore pulsante di una comunità ebraica che Singer dipinge con la precisione di un documentarista. Si sente l’aria delle case affollate, dei riti religiosi, delle superstizioni e dei sapori tradizionali. Il cartomante Shkolnikov invita Max a sedute spiritiche per parlare con il figlio morto: superstizione e dolore si intrecciano in una Varsavia che sembra lontana anni luce dall’Argentina cosmopolita. “Qui gli ebrei si vestivano da ebrei e si parlava solo yiddish”, annota Singer attraverso gli occhi disillusi del protagonista.
“Ritorno in via Krochmalna” è un prequel rispetto agli altri due romanzi Adelphi, “Keyla la rossa” e “Max e Flora”. Anche se il cognome cambia – da Shpindler a Barabander – il protagonista è lo stesso: un uomo diviso tra il rimorso per una vita peccaminosa e l’incapacità di sfuggire a un destino autodistruttivo. Elisabetta Zevi, curatrice dell’edizione italiana, spiega che “questa trilogia va oltre il gangsterismo, offrendo una riflessione profonda sull’identità ebraica nel Novecento”.
Il romanzo oscilla tra momenti comici e drammatici, tra ansia e sollievo. La pistola che Max porta sempre con sé – un dettaglio mai casuale – è il simbolo di una minaccia costante, di una violenza pronta a esplodere. Solo alla fine, in un epilogo sorprendente ma coerente con la parabola del protagonista, si compie il destino di Max: un uomo che non riesce mai davvero a tornare indietro né a lasciarsi il passato alle spalle.
“Ritorno in via Krochmalna” non è solo un romanzo sui gangster yiddish: è il ritratto vivido di un mondo perduto, raccontato con la voce ironica e partecipe di Singer. Un viaggio nella memoria collettiva che parla ancora oggi a chi si interroga sulle proprie radici.
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