Roma, 16 dicembre 2025 – A pochi giorni dall’inizio della nuova stagione espositiva, l’Ara Pacis di Roma ha inaugurato lunedì mattina una delle installazioni più discusse e chiacchierate degli ultimi due anni a livello internazionale: “Drag Race” di Joana Vasconcelos. Un cambiamento notevole per il monumento romano, che solitamente ospita mostre dall’impronta classica o archeologica. Per qualche mese, invece, sarà la casa di una scultura pop di grande impatto, che nel suo stesso titolo lascia spazio a molte interpretazioni.
L’opera di Joana Vasconcelos, artista portoghese nata nel 1971 e conosciuta per le sue riflessioni su identità, potere e femminilità, è stata inaugurata alle 10.30. Occupa quasi tutto l’atrio dell’Ara Pacis. Chi entra dalla scalinata di via di Ripetta si trova subito davanti a due automobili storiche, rivisitate in chiave pop con tessuti vivaci e decorazioni ricamate a mano. Sono posizionate su una pedana rotante che ricorda le passerelle degli anni Ottanta. “Mi interessa mettere a confronto ciò che viene visto come ‘alto’ con quello ‘basso’, la storia di Roma con l’immaginario contemporaneo”, ha spiegato l’artista poco prima del taglio del nastro.
I lavori per montare l’installazione sono iniziati domenica notte. Decine di tecnici hanno lavorato tra carrelli elevatori e tavole di plexiglass, sotto lo sguardo attento dei responsabili del museo capitolino. Secondo le prime informazioni degli organizzatori, Drag Race rimarrà visibile fino al 24 marzo 2026 ed è parte di un ciclo che esplora le contaminazioni tra passato e presente nella capitale.
Il nome scelto da Vasconcelos non è casuale. “Drag Race”, spiega il curatore della mostra, Lorenzo Canova, “gioca sul doppio senso: da un lato le corse clandestine tipiche della cultura americana, dall’altro il travestitismo come forma d’arte e affermazione identitaria”. Fin dai primi minuti dall’apertura, i romani si sono fermati incuriositi davanti all’opera. C’è chi ha scattato foto con lo smartphone e chi si è chiesto cosa significhi quella provocazione in uno spazio tradizionalmente dedicato all’arte antica.
Non sono mancati commenti contrastanti nel corso della giornata. Una signora di Monteverde arrivata poco dopo le undici ha ammesso: “Non so se ho capito tutto, ma fa piacere vedere qualcosa di così diverso qui all’Ara Pacis”. Più critico un docente universitario di archeologia: “Si rischia davvero di perdere il senso del contesto”, ha detto scuotendo la testa.
La decisione di ospitare un’opera come Drag Race nell’Ara Pacis non è casuale. Negli ultimi anni la soprintendenza ai beni culturali ha promosso diversi progetti per far dialogare linguaggi contemporanei e patrimonio storico. “Vogliamo mettere in comunicazione le generazioni”, ha spiegato il direttore del museo, Alessandro Lugli, durante la presentazione. “Non intendiamo snaturare il valore dell’Ara Pacis, ma renderla viva anche per chi oggi frequenta i musei con occhi diversi rispetto al passato”.
Secondo i dati diffusi in conferenza stampa, nell’ultimo semestre le mostre temporanee dedicate ad artisti internazionali hanno fatto salire del 17% il numero dei visitatori rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Numeri che confermano la strategia avviata dal Campidoglio per rilanciare l’offerta culturale cittadina.
A prescindere dalle interpretazioni teoriche, la forza visiva di Drag Race colpisce fin dal primo sguardo. I tessuti colorati arrivano da laboratori artigiani portoghesi; le cromature delle auto richiamano i riflessi dei monumenti romani al tramonto. Non manca un richiamo esplicito alla cultura LGBTQ+: piume, paillettes e motivi geometrici evocano sfilate e spettacoli d’oltreoceano.
L’artista era presente al vernissage insieme alla curatrice portoghese Sofia Ferreira. Ha scherzato con alcuni studenti dell’Accademia di Belle Arti di Roma: “Spero che l’opera vi sorprenda ma soprattutto vi faccia riflettere”, ha detto tra uno scatto fotografico e l’altro.
Mentre sui social impazza il dibattito – con tanti commenti a favore e altrettanti contrari – l’amministrazione comunale segue da vicino la situazione. “L’importante è far nascere idee e confronto”, ha dichiarato il presidente della Commissione Cultura del Comune di Roma, Luca Di Palma. Nei prossimi giorni sono previsti laboratori per le scuole e incontri pubblici sul rapporto tra tradizione e contemporaneità.
È una scommessa quella dell’Ara Pacis, che guarda avanti senza dimenticare il passato. E solo nelle settimane a venire si potrà capire davvero quale sarà l’impatto reale di questa presenza così fuori dagli schemi nel cuore della città eterna.
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