Roma, 27 dicembre 2025 – La città di L’Avana, insieme a Santiago de Cuba e San Juan di Porto Rico, ha siglato ieri un accordo culturale internazionale per presentare la candidatura della salsa caraibica come patrimonio immateriale dell’umanità all’Unesco. La notizia, arrivata nel tardo pomeriggio dal municipio della capitale cubana, arriva dopo mesi di incontri tra delegazioni cittadine, studiosi e rappresentanti delle principali associazioni di danza dei Caraibi. Un’intesa che vuole mettere in luce il valore della salsa, definita da molti esperti “la lingua franca della gioia” e vero simbolo identitario per milioni di persone.
L’idea di candidare la salsa come patrimonio dell’umanità non è una novità – se ne parla da anni nei circoli accademici e tra gli appassionati – ma solo ora le tre città storiche hanno deciso di fare fronte comune. I rappresentanti di L’Avana, guidati dal sindaco Luis Carlos Ferrer, si sono incontrati nel centro storico con gli inviati di Santiago de Cuba e San Juan. “È un passo che va oltre la danza,” ha spiegato Ferrer, “qui si parla di memoria collettiva, orgoglio popolare, storie che si intrecciano e si trasmettono da una generazione all’altra.” In serata è arrivato anche il sostegno ufficiale del governo cubano, seguito da una breve nota del Ministero della Cultura portoricano: “Un’iniziativa che ci vede pienamente coinvolti”.
Non sono rimasti solo alle parole: secondo il protocollo firmato in Plaza Vieja, le tre amministrazioni si sono impegnate a organizzare eventi condivisi – festival, workshop, mostre fotografiche – in vista del dossier che sarà consegnato all’Unesco entro la primavera 2026. Solo allora si saprà se la candidatura andrà a buon fine. Il clima tra i delegati, raccontano i cronisti locali, era disteso e pieno di speranze.
La salsa, spiegano gli organizzatori, “non è solo una danza”, ma rappresenta un sistema di relazioni sociali radicato nella storia caraibica. Secondo uno studio dell’Università dell’Avana pubblicato nel 2023, il ballo nasce dall’unione di ritmi africani, melodie spagnole e influenze portoricane. Una mescolanza – tra clave, tumbao e guajeo – che ha attraversato l’Oceano per poi diffondersi ovunque: dalle sale da ballo newyorchesi degli anni ’70 fino alle piazze di Napoli o Marsiglia. “La salsa ha insegnato a generazioni a stare insieme, a comunicare senza parole”, racconta Yoel Martinez, coreografo cubano coinvolto nel progetto.
Nei quartieri de L’Avana Vecchia e Santurce a San Juan, la salsa spesso accompagna feste popolari – dai matrimoni alle semplici riunioni serali – mentre a Santiago de Cuba ogni anno migliaia di turisti affollano il Carnevale e il Festival del Son. L’impatto economico non è da sottovalutare: nel 2024, secondo la Camera di Commercio cubana, l’indotto turistico legato agli eventi musicali ha superato i 150 milioni di dollari.
Il cammino verso il riconoscimento Unesco non è semplice. I funzionari delle tre città lo sanno bene: servono documenti precisi, testimonianze raccolte sul territorio e la prova che questa tradizione sia ancora viva e vibrante. “Stiamo raccogliendo video, foto d’epoca e interviste con musicisti anziani,” conferma Miriam Ruiz, coordinatrice del comitato promotore a San Juan. Un dossier che dovrà convincere i commissari internazionali dell’importanza culturale della salsa rispetto ad altre tradizioni in attesa.
Non mancano però dubbi tra i puristi: alcuni musicisti temono che il riconoscimento possa portare a una “standardizzazione” della danza. Eppure la maggior parte degli operatori culturali insiste sull’urgenza di proteggerla. “È giusto salvaguardarla – sostiene Jesus Mendez, percussionista – ma senza metterla in una teca.” Parole condivise anche dai giovani ballerini cubani che sui social invitano a non perdere lo spirito originale.
La tabella di marcia prevede l’invio del dossier entro aprile 2026. Nei mesi seguenti, se la candidatura sarà accettata dall’Unesco, la salsa entrerà nel novero delle espressioni già riconosciute – come il tango argentino o il flamenco spagnolo. In quel caso le tre città hanno già annunciato una serie di eventi celebrativi contemporanei: concerti in strada a L’Avana e lezioni gratuite nei quartieri popolari di San Juan e Santiago.
Intanto cresce l’attesa tra chi vive quotidianamente la musica. “Sarebbe un orgoglio per tutti noi”, confida Carlos Figueroa, maestro portoricano. La speranza – dicono gli amministratori – è che questo passo aiuti non solo il turismo ma anche la tutela delle radici comuni. In fondo la salsa continua a unire chi balla sulle stesse note da una sponda all’altra dei Caraibi.
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