Roma, 10 dicembre 2025 – Dopo dodici anni, il Tribunale di Roma ha deciso di ridimensionare il reato a carico dell’imputato principale e, di conseguenza, ha dichiarato la prescrizione del procedimento. La vicenda, iniziata nel 2013, si chiude con una sentenza che ha lasciato molti presenti in aula più delusi che soddisfatti. Per gli avvocati della difesa, però, era un risultato prevedibile. “I tempi della giustizia italiana sono questi”, ha commentato a margine l’avvocato Fabio Morra.
Sentenza: i punti chiave
Lunedì mattina, poco dopo le 11.30, il collegio guidato dalla giudice Paola Venturini ha comunicato in aula la decisione: il reato di truffa aggravata originario viene ridotto a una fattispecie meno grave, abuso d’ufficio, come spiegano fonti del Tribunale. Solo a quel punto è scattata la prescrizione, calcolata sui nuovi termini di legge. Una questione tecnica che però ha avuto un impatto forte sulle parti civili presenti in aula. “Abbiamo aspettato troppo per un processo che ora finisce senza risposte”, ha detto un rappresentante dell’associazione vittime.
Come è nata la vicenda
Tutto parte da gennaio 2013: una denuncia dagli uffici comunali di Ostia, zona sud-ovest di Roma. La Guardia di Finanza apre le indagini e iscrive nel registro degli indagati un funzionario e due imprenditori locali. Le accuse riguardano presunti illeciti nella concessione di appalti pubblici. “Le verifiche sono state lunghe e complesse”, ha ricordato il pubblico ministero Sabrina Lotti durante la requisitoria. I lavori al centro dell’indagine valevano circa 1,2 milioni di euro e sarebbero stati affidati con procedure non regolari.
Il nodo della prescrizione
La vera questione resta la prescrizione, ormai un tema ricorrente nei tribunali italiani. Dodici anni sono passati tra rinvii, cambi di magistrati e montagne di documenti sparsi su più faldoni. “Quando un processo dura più di dieci anni diventa difficile conservare intatta la memoria dei fatti”, ha ammesso la giudice Venturini leggendo il dispositivo. Parole cariche di amarezza per chi lavora nella giustizia: “Nessuno degli interessati potrà vedere accertata definitivamente la verità”, ha aggiunto un funzionario mentre all’uscita dal tribunale gli avvocati parlavano sottovoce.
Reazioni dai protagonisti
Non sono mancate le risposte dalle parti coinvolte. “Avevamo fiducia nel sistema – ha detto Loredana Valli, testimone sentita nel 2018 – ma ora ci sentiamo abbandonati”. Dall’altra parte, i difensori hanno sottolineato che “la lentezza del processo non è colpa dei nostri assistiti”. Sostengono inoltre che già durante le indagini preliminari si sarebbe potuta capire l’effettiva portata dei fatti contestati. Eppure ieri mattina in aula sembrava chiaro: nessuno è uscito davvero vincitore.
Un caso che racconta i guai della giustizia italiana
Questa vicenda riflette molte delle difficoltà della giustizia italiana. Dal primo avviso di garanzia fino all’ultima udienza, il fascicolo ha attraversato cambi normativi e almeno due riforme sulla prescrizione stessa. Intanto alcuni testimoni chiave si sono trasferiti altrove o hanno cambiato lavoro; altri ricordano poco o nulla dei fatti avvenuti più di dieci anni fa.
Secondo l’ultimo rapporto del CSM aggiornato a ottobre 2025, quasi il 30% dei processi per reati minori in Italia si conclude con una dichiarazione di prescrizione. Nei tribunali delle grandi città come Roma e Milano questa percentuale cresce ancora. “Serve una riforma seria sui tempi dei processi”, ha ribadito nei giorni scorsi la ministra della Giustizia Marta Cartabia rispondendo a un’interrogazione parlamentare.
Cosa resta e cosa può succedere
Il processo si chiude così, senza una decisione definitiva sul merito della vicenda. Gli atti saranno archiviati nelle prossime settimane; le parti potranno provare a chiedere risarcimenti in sede civile. Restano aperte tante domande sul funzionamento del sistema giudiziario: c’è chi parla senza giri di parole di “sconfitta per tutti”, come l’avvocato dell’associazione vittime ieri sera. Solo il tempo potrà dire se questa storia spingerà davvero verso nuove riforme. Per ora resta una cronaca amara: quella di un processo durato troppo a lungo.





