Nel cuore della Sicilia, il duplice omicidio di Alessandro Rovetta e Francesco Vecchio continua a rappresentare un enigma irrisolto, anche a più di tre decenni dall’accaduto. Le due vittime, rispettivamente manager e direttore del personale dell’acciaieria Megara di Catania, furono barbaramente uccisi il 31 ottobre 1990, in un contesto che ha tutte le caratteristiche di un omicidio di stampo mafioso. I dettagli dell’inchiesta, le opposizioni delle famiglie e le richieste di archiviazione ci portano a riflettere su una giustizia che sembra sfuggire.
Il contesto dell’omicidio
Rovetta, 37 anni, e Vecchio, 52 anni, stavano lasciando gli uffici dell’acciaieria a bordo di una Peugeot 305 quando furono attaccati da un commando armato. L’agguato avvenne sulla strada che conduce alla tangenziale di Catania, in un orario in cui la luce stava già svanendo. Gli assassini esplosero diversi colpi d’arma da fuoco, ponendo fine a una serata che doveva essere come qualsiasi altra. Ma chi poteva avere interesse a eliminare due dirigenti di un’importante azienda industriale?
Indagini e richiesta di archiviazione
Negli anni, le indagini hanno subito molteplici evoluzioni, ma la verità sembra sempre più lontana. Recentemente, la Procura di Catania, rappresentata dai Procuratori Francesco Puleio e Ignazio Fonzo, ha presentato una richiesta di archiviazione, sostenendo che “il quadro probatorio non è mutato” e che mancano elementi sufficienti per procedere contro gli indagati. Questi ultimi, tra cui figure legate a clan mafiosi come Aldo Ercolano e Orazio Privitera, erano già stati oggetto di sospetti in passato, ma senza esiti concreti.
Le famiglie delle vittime, rappresentate dai loro legali, hanno opposto resistenza a questa richiesta di archiviazione. Le famiglie Rovetta e Vecchio hanno sollevato dubbi sulla completezza dell’inchiesta, citando nuove testimonianze che potrebbero indicare legami tra gli indagati e i movimenti mafiosi attivi nella zona. La Camera di Consiglio ha già fissato un’udienza per il 25 marzo 2025, un’occasione per rivedere la decisione della Procura.
Le ombre della mafia
Il contesto mafioso che circonda la vicenda è cruciale per comprendere la complessità dell’omicidio. Secondo le testimonianze, i fratelli Rapisarda, imprenditori con appalti all’interno dell’acciaieria, avrebbero avuto legami con il clan Sciuto. Si sostiene che Rovetta e Vecchio avessero avuto contrasti con i Rapisarda, un motivo che potrebbe aver alimentato il desiderio di vendetta. I clan mafiosi, come i Santapaola, erano attivi nell’estorsione alle acciaierie, con introiti consistenti, che avrebbero potuto giustificare un omicidio per ripristinare un “ordine” mafioso.
Alcuni testimoni, come Mario Buda, hanno riferito di conversazioni in cui si menzionavano i nomi di Privitera e Russo come responsabili del duplice omicidio, suggerendo che il movente potesse essere legato a interessi economici all’interno dell’acciaieria. È evidente che il contesto mafioso non può essere ignorato; anzi, appare centrale per la comprensione dell’intera vicenda.
La posizione della Procura
La Procura ha difeso la propria scelta di archiviazione, affermando che le opposizioni delle famiglie sono basate su indicazioni generiche e mancanza di prove concrete. Le affermazioni di testimoni che hanno parlato di colpevoli possibili, secondo i pm, mancano della specificità necessaria per riaprire il caso. Inoltre, l’idea di sottoporre a nuovi accertamenti tecnici e consulenze, a più di trent’anni dai fatti, è stata respinta come un tentativo di rivivere un’inchiesta che, ad avviso della Procura, non ha portato a risultati significativi in passato.
La battaglia legale continua
Le famiglie delle vittime non si arrendono e continuano la loro battaglia legale per ottenere giustizia. Hanno già manifestato la volontà di richiedere l’avocazione del procedimento, e il Procuratore generale potrebbe decidere di revocare la richiesta di archiviazione per dare avvio a nuove indagini. La speranza è che, attraverso ulteriori accertamenti e testimonianze, si possa finalmente fare luce su un delitto che ha scosso non solo una famiglia, ma l’intera comunità.
Il duplice omicidio di Rovetta e Vecchio è emblematico di una giustizia che, a distanza di anni, sembra non trovare pace. Mentre la Procura e le famiglie si preparano per l’udienza del 25 marzo 2025, la ricerca della verità continua a essere un obiettivo difficile da raggiungere, nel silenzio assordante di una giustizia che appare, per ora, lontana.