Pantelleria, 7 dicembre 2025 – La coltivazione della vite ad alberello ha conquistato un riconoscimento di prestigio: dal 2014 è un patrimonio culturale immateriale dell’umanità tutelato dall’UNESCO. Un traguardo importante per il piccolo arcipelago di Pantelleria e per tutta la Sicilia. L’isola, incastonata nel cuore del Mediterraneo, vede così valorizzare una pratica agricola antichissima, che ancora oggi coinvolge tanti viticoltori locali. La decisione è arrivata a Parigi il 26 novembre 2014, al termine di una lunga battaglia portata avanti da produttori, istituzioni e studiosi del settore.
Una tradizione che sfida il tempo
Tra i muretti a secco e le terrazze scolpite nella roccia vulcanica di Pantelleria, la vite ad alberello si fa notare subito: piante basse, larghe, piegate dal vento spesso impetuoso. Qui non ci sono filari ordinati o sostegni artificiali. I vignaioli piegano i rami con le mani e lasciano che i grappoli crescano vicino al suolo, dove il calore si conserva meglio e la salsedine trova meno presa.
Antonino Barraco, viticoltore di Khamma, racconta: “Ogni pianta è un pezzo della nostra famiglia – dice indicando le viti mentre il sole scende dietro Montagna Grande – Si lavora come facevano mio nonno e mio padre. Niente macchine, solo fatica e tanta pazienza.” L’alberello pantesco, come lo chiamano qui, chiede cure costanti: dalla potatura al rincalzo della terra intorno alla pianta fino alla raccolta manuale delle uve Zibibbo, tipiche dell’isola.
Il riconoscimento internazionale che ha acceso l’entusiasmo
Quando l’UNESCO ha inserito la vite ad alberello nella lista dei patrimoni immateriali, sull’isola è scoppiata una vera festa. Non solo tra i produttori ma anche tra gli amministratori locali e gli studiosi come Salvatore Gambino, allora sindaco: “Era da anni che ci impegnavamo – ricordava nel 2014 – volevamo che questo sapere non andasse perso.” La scelta non è stata casuale. Nei documenti ufficiali si parla di un metodo unico al mondo e del valore sociale del gesto: i più giovani imparano dagli anziani in piccoli appezzamenti a conduzione familiare.
Secondo l’ultimo censimento ISTAT del 2023, sull’isola restano circa 430 ettari coltivati con questa tecnica. Sono meno rispetto al passato ma cresce l’impegno per salvaguardare e valorizzare questi terreni. Alcune aziende puntano forte su prodotti legati all’identità locale come il rinomato Passito di Pantelleria.
Tradizione e turismo: un futuro da costruire
Camminando tra le contrade di Scauri o nelle vigne vicino a Bukkuram, si capisce subito quanto la viticoltura ad alberello sia parte integrante della vita dell’isola. Non è solo un modo per guadagnarsi da vivere: è storia quotidiana, tradizione passata di bocca in bocca tra generazioni. “Prima dell’UNESCO temevamo che tutto andasse perso – spiega Maria Scontrino, guida locale – Ora chi viene vuole vedere come si coltiva davvero.”
Il riconoscimento ha portato nuovi turisti, soprattutto stranieri curiosi di scoprire questa tecnica unica, degustare i vini e partecipare alle vendemmie collettive tra fine agosto e inizio settembre. I dati dell’assessorato regionale al turismo parlano chiaro: +18% di visitatori legati all’enoturismo tra il 2015 e il 2024.
Ma non mancano le sfide. I giovani spesso guardano altrove o lasciano l’isola dopo il diploma. Per questo le istituzioni stanno puntando su corsi nelle scuole agrarie e su progetti formativi insieme a Slow Food e all’Università di Palermo. L’obiettivo è semplice: assicurare un ricambio generazionale e mantenere viva questa preziosa tradizione.
Un simbolo siciliano riconosciuto nel mondo
La candidatura della vite ad alberello nasce proprio dalla comunità pantesca, con il sostegno della Regione Siciliana e del Ministero delle Politiche Agricole. Nel dossier presentato all’UNESCO si evidenziava soprattutto l’aspetto sociale della pratica: prendersi cura delle piante diventa un momento comunitario, occasione d’incontro soprattutto durante la vendemmia.
Oggi la coltivazione a Pantelleria è esempio di agricoltura sostenibile capace di adattarsi a condizioni climatiche difficili. Merito anche dell’impegno delle associazioni come il Consorzio Vini Pantelleria Doc. “Il nostro vino racconta chi siamo”, dice Francesco Ferreri, presidente regionale Coldiretti.
La speranza degli abitanti è che questo patrimonio non resti solo un simbolo ma continui a creare lavoro e cultura sull’isola. Perché come ripetono i vecchi vignaioli al calar del sole fra i filari bassi: “L’alberello non muore se c’è qualcuno che lo cura.” A Pantelleria questa promessa sembra ancora mantenuta.





