Il tumore dell’ovaio colpisce molte pazienti in Italia ogni anno. Un esame diagnostico, però, ora può predire con anni d’anticipo l’arrivo della neoplasia: ciò potrebbe salvare la vita di tante donne.
La medicina del nostro secolo, forse anche di quello precedente, muove da una semplice ma essenziale constatazione: prevenire è meglio che curare. E questo vale per la stragrande maggioranza delle patologie, soprattutto per i tumori.
Se si parla di donne, una delle neoplasie a cui prestare più attenzione è certamente quella dell’ovaio. I dati purtroppo restano allarmanti: ogni anno si contano circa 5mila nuovi casi in più che si aggiungono a 30mila pazienti già in cura. Ciò che fa la differenza nella prognosi e nel percorso che le donne devono intraprendere contro il cancro è certamente il tipo di tumore da cui sono affette, ma soprattutto lo stadio in cui viene identificato.
In tal senso, le brutte notizie non sono finite: il 70 per cento delle diagnosi indica il carcinoma ovarico sieroso ad alto grado, la forma più aggressiva e temibile, di conseguenza anche letale, della malattia, che spesso ha anche la capacità di resistere alla chemioterapia. Il quadro è ancor più nefasto se il tumore viene scoperto al III stadio e non capita così di rado: il cancro dell’ovaio non dà grossi segnali di essere arrivato, è un ospite indesiderato che si muove in punta di piedi e limita al minimo indispensabile i sintomi. Intanto, cresce e aumenta la sua pericolosità. Va da sé che la diagnosi precoce sia alla base della piramide di cura, attraverso test e prevenzione costante, soprattutto in chi ha familiarità. Ora però, grazie a uno studio italiano, è possibile identificare i tumori con anni di anticipo.
Come intercettare anni prima il tumore dell’ovaio
La ricerca in questione è stata pubblicata su ‘Science Translational Medicine’ e indica nuove tecniche di genomica che consentono di notare alterazioni molecolari specifiche del cancro ovarico dopo il Pap Test – l’esame per eccellenza che permette lo screening dei tumori del collo dell’utero.
Lo studio si è mosso in via retrospettiva e ha coinvolto 113 pazienti e moltissimi centri in Italia, dal San Raffaele di Milano al Gemelli di Roma fino all’Università degli Studi di Padova, per citarne alcuni. I risultati sono stati confrontati con gli esami di 77 donne sane. In pratica, la ricerca sfrutta l’instabilità genomica del cancro ovarico in due semplici passaggi – Pap test e la sua analisi genomica, appunto – per predire la presenza di dna tumorale anni prima dell’esordio concreto della malattia, addirittura nove. Ciò potrebbe portare in breve tempo a un approccio completamente diverso con la patologia, anticipando di molto i tempi e dando prospettive di cura completamente nuove. Il futuro è adesso e parte dalla prevenzione per molte donne.