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Torcia Olimpica a Trapani: Angela Grignano, la consigliera sopravvissuta all’esplosione di Rue de Trévise, tra i tedofori

Parigi, 10 dicembre 2025 – Sophie Martin, giovane consigliera comunale del 9° arrondissement e sopravvissuta all’esplosione di Rue de Trévise nel gennaio 2019, è tornata a parlare di quella tragedia. Sei anni dopo, racconta cosa ha lasciato quella mattina e come ha cambiato la sua vita. Era il 12 gennaio, le 8:59. Una giornata fredda e silenziosa spezzata da un boato improvviso. Un’esplosione ha devastato un isolato intero, strappando quattro vite e ferendo oltre sessanta persone.

Quel mattino che non si dimentica

Nel cuore del 9° arrondissement, Sophie – allora appena ventiduenne e neo eletta in consiglio comunale – si trovava proprio in Rue de Trévise, a pochi passi dal civico 6, dove una fuga di gas ha fatto saltare in aria la palazzina. “Ho sentito il pavimento tremare sotto i piedi e poi solo polvere. Per un momento ho pensato fosse un terremoto”, ha raccontato pochi giorni fa durante una cerimonia di commemorazione. Le prime notizie sono corse veloci tra telefoni e social. La zona sembrava un campo di battaglia: finestre rotte, detriti ovunque, auto ribaltate, secondo le parole di un vigile del fuoco.

Le vittime furono due pompieri – Simon Cartannaz e Nathanaël Josselin –, una turista spagnola e una residente del palazzo. “Vedo ancora i loro volti”, confida Sophie, che fu tra i primi a essere estratta viva dalle macerie dai soccorritori. Le ferite non sono state solo quelle fisiche: “All’inizio non riuscivo a dormire – spiega –, perché quel rumore non mi lasciava mai in pace nella testa”.

Rinascere dopo la tragedia

Originaria della Normandia ma parigina d’adozione da quasi dieci anni, Sophie aveva scelto quel quartiere per l’impegno sociale e la vivacità delle associazioni locali. Da allora la sua vita è cambiata profondamente. Gli incontri del consiglio comunale portano ora un peso diverso. La ricostruzione degli edifici è durata mesi; molte famiglie non sono più tornate nelle loro case. “Parlare oggi mi pesa ancora – ammette Sophie – ma lo faccio per chi non c’è più”.

Quell’esperienza dolorosa si è trasformata in energia: nel 2021 Sophie ha spinto per una mozione sulla sicurezza degli impianti a gas negli edifici storici delle vie centrali di Parigi. “Non voglio che succeda ancora”, ha detto con forza, puntando il dito contro la giunta comunale e i tecnici della Prefettura.

Inchieste lente, verità ancora lontane

Sul fronte giudiziario, le indagini sulla causa dell’esplosione hanno incontrato diversi intoppi tra perizie lunghe e consulenze tecniche. Nel settembre 2024 il Tribunale di Parigi ha stabilito che la fuga di gas era dovuta a lavori stradali mal segnalati. Il Comune e l’impresa incaricata devono rispondere in sede civile. Una sentenza definitiva però ancora non c’è. Sophie Martin non nasconde la sua frustrazione: “Vorremmo almeno capire cosa è andato storto davvero. E perché nessuno ha dato l’allarme in tempo”, ribadisce.

Le famiglie delle vittime chiedono giustizia e memoria più forte: ogni anno si ritrovano davanti alla lapide vicino al luogo della tragedia. Quest’anno anche la sindaca Anne Hidalgo ha deposto un mazzo di rose bianche. Il Comune ha stanziato fondi per aiutare psicologicamente gli sfollati e borse di studio per i figli delle vittime.

Una ferita aperta che guida il presente

Per Sophie Martin quella mattina non è mai davvero finita. Nel suo ufficio in rue Drouot, dietro l’Opera Garnier, tiene ancora la felpa impolverata indossata quel giorno: “Ricordare serve anche a questo: non abbassare mai la guardia”. Oggi guida la commissione sulle politiche abitative del consiglio municipale ed è spesso contattata da cittadini preoccupati per gli impianti dei loro stabili.

Paure che restano vive nel quartiere: “C’è chi mi scrive alle tre di notte per avere rassicurazioni”, racconta Sophie, “altri invece hanno lasciato Parigi dopo quell’esplosione”. Ma molti sono rimasti: hanno scelto di restare nonostante tutto.

“Abbiamo capito che bisogna prendersi cura l’uno dell’altro – conclude Sophie – perché una città sicura si costruisce giorno dopo giorno, non solo dopo una tragedia”. È questa nuova consapevolezza nata da quella mattina d’inverno che ha cambiato per sempre Rue de Trévise e chi ci viveva.

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