Roma, 19 dicembre 2025 – Questa mattina, alla Camera, la Commissione Affari Costituzionali ha tenuto una riunione di oltre due ore a Montecitorio per discutere l’ipotesi di uno stralcio degli articoli ordinamentali e territoriali dalla riforma costituzionale in corso. L’idea, emersa in un clima piuttosto teso e con ritardi che mettono a rischio la tabella di marcia, punta a velocizzare i tempi di votazione e a sbloccare l’impasse istituzionale che si trascina da settimane.
Stralcio in bilico: tensioni e tempi stretti
Poco dopo le 9.30, il presidente Nazario Pagano (Forza Italia) ha aperto i lavori con una domanda chiara e diretta: “Si può pensare a uno stralcio per accelerare l’esame del testo?”. La proposta riguarda soprattutto gli articoli sugli assetti istituzionali regionali e sui rapporti tra Stato e Regioni. L’idea è separare queste parti dal resto della riforma — che tratta anche di elettorato e poteri delle Camere — per inserirle in un disegno di legge a parte. Obiettivo? Arrivare prima in Aula su quello che raccoglie più consensi.
Il Partito Democratico si è detto “aperto al confronto”, ma ha posto un paletto netto: niente stralci che possano “azzerare il dibattito sulle autonomie”, ha sottolineato la capogruppo Simona Malpezzi. Il Movimento 5 Stelle, con Riccardo Ricciardi, ha chiesto “garanzie precise sui tempi”. Più critici i Verdi-Sinistra: Angelo Bonelli ha bollato la proposta come uno “spezzatino che rischia di svuotare il senso stesso della riforma”.
Perché lo stralcio? La corsa contro il tempo
Fonti della maggioranza spiegano che lo stralcio serve soprattutto a “sbrigare la votazione” ed evitare che le divisioni su temi delicati — come le competenze delle regioni a statuto speciale o i poteri di Camera e Senato — blocchino tutto il pacchetto delle riforme. “Siamo indietro rispetto ai tempi previsti”, ha confidato una deputata di Fratelli d’Italia uscendo dalla Commissione verso le 11.20. La Premier Giorgia Meloni, pur senza commenti pubblici, avrebbe manifestato preoccupazione per queste lungaggini.
Secondo una tabella interna non ufficiale, entro fine gennaio il testo dovrebbe arrivare in Aula per la prima lettura. Ma il calendario è già slittato due volte. Il centrodestra teme che si riduca ancora la finestra utile per approvare la riforma — che include anche norme sull’elezione diretta del Presidente del Consiglio — mettendo così a rischio tutto l’impianto.
Reazioni sul campo: confronto acceso
“Non accetteremo forzature”, ha detto Malpezzi davanti ai giornalisti poco dopo mezzogiorno all’ingresso di via della Missione. “Serve un percorso chiaro e condiviso, non fughe in avanti”. La Lega invece, con Igor Iezzi, rilancia: “Se lo stralcio serve a sbloccare la situazione, ben venga. Non possiamo restare fermi per mesi”. Le opposizioni chiedono comunque date certe: c’è chi teme che dividere il testo significhi rinviare sine die gli articoli più spinosi.
Nei corridoi di Montecitorio qualcuno ricorda il precedente del 2014: anche allora uno stralcio aveva finito per bloccare tutto per mesi. Stavolta però, osservano alcuni deputati di Italia Viva, la situazione politica è più fragile e la maggioranza rischia di vacillare più facilmente.
Prossimi passi: tra dubbi e decisioni
Domani il tema dello stralcio tornerà sul tavolo della riunione dei capigruppo. Il presidente Pagano avrebbe già incaricato gli uffici di verificare se l’operazione è tecnicamente possibile. Solo dopo si saprà se si andrà avanti con due testi paralleli o se l’idea sarà accantonata.
Tra i parlamentari circola una certa preoccupazione: “Non possiamo permetterci altri stop”, confida un esponente Dem. Ma le possibilità di trovare un accordo restano poche. Se lo stralcio sarà approvato, le norme sull’ordinamento delle autonomie finiranno in un disegno di legge separato, con tempistiche e iter diversi.
Nei prossimi giorni si capirà se la maggioranza riuscirà davvero a chiudere questo nodo o se lo scontro tra centro e periferia resterà l’ostacolo principale delle riforme costituzionali tanto attese da anni. Intanto l’orologio della legislatura corre — ogni rinvio pesa sempre più sul futuro del pacchetto riformatore.





