Catania, 17 novembre 2025 – Tre uomini sono finiti in manette questa mattina a Catania, accusati di tratta di esseri umani, intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro e crudeltà sugli animali. A scattare il fermo della polizia di Catania è stato un provvedimento firmato dal gip su richiesta della Procura etnea. Nel mirino sono finiti Santi Giammiello (54 anni), Kouam Hami (52) e Abderraim Chaibi (56). L’inchiesta, partita alcuni mesi fa, ha portato alla luce una realtà di violenza e sfruttamento in una fattoria di Ramacca, nel Catanese.
La denuncia che ha fatto partire tutto
Tutto è nato dalla testimonianza di un lavoratore marocchino. L’uomo ha raccontato agli investigatori della squadra mobile come Hami, uno degli arrestati, abbia approfittato della sua situazione di fragilità. “Mi ha promesso un lavoro bello e sicuro”, ha detto, “così ho lasciato la Francia e sono venuto a Ramacca”. Ma una volta arrivato, la realtà si è rivelata ben diversa. È stato subito messo a lavorare nella fattoria di Giammiello, in condizioni pesantissime.
Turni massacranti e paghe da fame
Dalle carte dell’inchiesta emergono particolari che non lasciano spazio a dubbi. Il lavoratore era costretto a fare turni di circa 14 ore al giorno, guadagnando una miseria: 550 euro al mese, poco più di un euro all’ora. Solo dopo mesi lo stipendio è salito a 650, poi a 800 euro, ma sempre lontano da quanto previsto dalla legge. “Dormivo in una stanza piena di topi”, ha raccontato. Le condizioni igieniche erano terribili: materassi sporchi, cibo avariato e nessun riscaldamento.
Chi comandava davvero
Le indagini hanno chiarito bene il ruolo dei tre arrestati. Giammiello, proprietario della fattoria, è accusato di aver imposto condizioni di lavoro impossibili e di aver usato la violenza per mantenere il controllo. In un episodio grave, il 54enne avrebbe rimosso un ascesso dal collo del lavoratore usando un ago riscaldato, sotto gli occhi di Hami. Quest’ultimo, secondo gli investigatori, si è occupato del reclutamento e ha contribuito a tenere il lavoratore in queste condizioni disumane.
Chaibi, invece, faceva da tramite all’interno dell’azienda agricola. Gestiva i lavoratori e fungeva da sorvegliante: “Controllava che nessuno scappasse”, si legge negli atti. La polizia sottolinea come la presenza costante dei tre impedisse ai dipendenti di muoversi liberamente o di denunciare.
Crudeltà sugli animali e armi clandestine
A pesare ulteriormente sulle spalle di Giammiello ci sono le accuse di crudeltà sugli animali. Secondo la Procura, avrebbe ucciso alcuni cani con un’arma da fuoco davanti ai lavoratori, “per punirli perché non gli obbedivano”. In un caso, ha trascinato un cane ferito per mostrare la sua brutalità. Durante l’arresto, gli agenti hanno trovato e sequestrato una doppietta senza matricola nella sua abitazione.
Un secondo caso simile
Nel corso delle perquisizioni è venuto fuori che Giammiello e Chaibi avrebbero sfruttato anche un altro lavoratore marocchino. Le condizioni erano le stesse: paga misera, orari estenuanti e alloggi fatiscenti. Gli investigatori stanno cercando di capire se ci siano altri stranieri coinvolti in questa rete di sfruttamento.
Reazioni e prossimi passi
La notizia degli arresti ha subito acceso le reazioni a Ramacca e tra le associazioni che difendono i lavoratori migranti. “Serve più attenzione e controlli nelle campagne”, ha detto un rappresentante della CGIL. La Procura di Catania ha annunciato che le indagini continuano per scoprire se ci siano altri responsabili. Nel frattempo, i tre arrestati restano a disposizione della giustizia in attesa dell’interrogatorio di garanzia.





