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Passaggio al bosco a Più Libri: la censura che si trasforma in pubblicità per la sinistra in crisi

Roma, 9 dicembre 2025 – La crisi della sinistra italiana ha acceso il dibattito ieri a Roma, durante la quarta giornata di “Più Libri Più Liberi” nel centro congressi La Nuvola. Il titolo dell’incontro – “La sinistra in Italia esiste ancora?” – suonava già come un verdetto pesante. Alle 17.30 in sala, studenti, editori, ex parlamentari e semplici curiosi: un pubblico vario, più intento ad ascoltare che a sperare.

La crisi della sinistra sotto la lente

Sul palco sono saliti tre protagonisti con punti di vista diversi ma un filo comune: la domanda sul futuro della sinistra. C’era Roberto Speranza, ex ministro della Salute, la giornalista Lidia Baratta e lo scrittore Alessandro Leogrande. Speranza non ha nascosto le difficoltà: “Oggi la sinistra fa fatica a parlare con lavoratori e giovani. Siamo chiusi in discussioni interne che non portano consenso”. Le sue parole hanno colpito forte, senza nessuno che sentisse il bisogno di replicare.

Baratta ha parlato dei “mancati appuntamenti” con le nuove generazioni e degli errori nella comunicazione su temi cruciali come il lavoro precario e la casa. Leogrande, invece, è andato dritto al punto: “La sinistra nasce dal conflitto e dalla partecipazione. Oggi sembra solo una classe dirigente stanca”. Applausi timidi, più di cortesia che di convinzione.

La Nuvola: un clima da resa dei conti

La sala 701 era piena ma non stracolma. Qualcuno prendeva appunti, altri ascoltavano senza schierarsi. Uscendo in anticipo, qualcuno ha bisbigliato: “Questo più che un congresso sembra un funerale”. E infatti l’atmosfera era quella: poche risposte reali, molte analisi sulle cause di una crisi che dura da anni.

Nessuno dei relatori ha sparato slogan. Solo diagnosi nette: perdita del legame con i territori, incapacità di parlare alle periferie, fuga dei voti verso l’astensione o verso partiti che promettono soluzioni rapide. Una donna incontrata all’uscita da Pomezia ha commentato: “Si parla solo dei problemi della sinistra, ma nessuno dice come si esce da questa situazione”.

Amarezza e nostalgia tra i presenti

Chi sperava in nuove idee o soluzioni radicali ha visto delusione sui volti intorno a sé. Un gruppo di militanti storici – con sciarpe rosse e manifesti della CGIL – ha espresso amarezza: “Nel ’76 eravamo qui a Roma con entusiasmo,” ha ricordato uno di loro, “oggi ci sentiamo abbandonati”. Nessuna rabbia esplosa, solo una stanchezza che pesa dopo anni di sconfitte e ripensamenti.

I giovani presenti hanno mantenuto una distanza critica. Martina Giordano, studentessa alla Sapienza, ha detto: “Mi aspettavo dibattiti su ambiente e diritti civili, invece ho trovato rassegnazione”. Il divario generazionale è rimasto sottotraccia, senza riuscire a trovare un terreno comune.

Autocritica e sogni di ripartenza

Verso la fine qualcuno ha provato a guardare avanti. Speranza ha parlato di un “processo costituente”, Baratta dell’importanza di ascoltare i quartieri popolari. Ma erano promesse già sentite più volte nei circoli e nelle riunioni politiche. Nel pubblico c’era chi scuoteva la testa: “Questi discorsi li facciamo da vent’anni.”

Sul tavolo restano questioni aperte – dalla crisi delle sezioni locali all’allontanamento dal lavoro industriale e dalle nuove occupazioni digitali – e una domanda pesante resta sospesa nell’aria: quale futuro può avere una forza politica che sembra parlare solo con se stessa? Le ultime elezioni regionali non hanno fatto altro che confermare il quadro: la sinistra unita fatica a superare il 18% nel Lazio.

Dopo il festival: parole sospese

Uscendo dalla Nuvola poco dopo le 19 qualcuno continuava a discutere vicino agli stand degli editori indipendenti. Una giovane insegnante di Ostia diceva: “Serve una nuova lingua politica o non capiremo mai chi sono oggi i nuovi esclusi”. Ma per ora le parole restano appunti sparsi su taccuini dimenticati.

A Roma, in questa edizione di “Più Libri Più Liberi”, il vero protagonista è stato il dramma interiore della sinistra italiana: un bilancio duro fatto tra vecchi amici preoccupati di non riconoscersi più. Ricette concrete? Per ora poche tracce all’orizzonte.

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