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L’ex carcere di S. Vito ad Agrigento si trasforma in un nuovo polo culturale

L’ex carcere di San Vito ad Agrigento sta vivendo una trasformazione straordinaria che segna un nuovo capitolo nella sua storia. Costruito nel 1432 come convento per volontà del Beato Matteo Cimarra, questo edificio ha subito diverse metamorfosi nel corso dei secoli, diventando un penitenziario nel XIX secolo e mantenendo questa funzione fino al 1996. Oggi, dopo quasi tre decenni di abbandono, il recupero dell’ex carcere è reso possibile grazie all’arte e alla cultura, con tre progetti innovativi supportati da Agrigento Capitale italiana della Cultura 2025, focalizzati su territori segnati da conflitti, come Palestina, Colombia e Haiti.

Un’esperienza coinvolgente

L’arrivo al sito è un momento intenso. Già all’ingresso, il visitatore è accolto da un inquietante rintocco di acciaio, il suono delle sbarre delle celle che risuona come una campana di disperazione. Questo suono accompagna il primo impatto con l’ex penitenziario, il cui recupero è stato affidato alla Farm Cultural Park, un progetto noto per la rigenerazione di luoghi in disuso attraverso l’arte contemporanea.

Varcando la soglia, il visitatore si imbatte in un’installazione che affronta la tragica situazione del popolo palestinese, intitolata “Non lascerò mai la mia casa VIVO”. Questa opera è preceduta da tre gigantesche fotografie che documentano gli insediamenti arabo-israeliani in Palestina, dalla Nakba fino ai giorni nostri. All’interno di una cella, le immagini di Nazareth mostrano un confronto tra passato e presente, mentre un’altra cella è dominata da un labirinto di mattoni, opera dei palestinesi Raza Zoubi Zeidani e Daher Zeidani, che invita alla riflessione sull’isolamento e sulla ricerca della libertà.

Un contrasto poetico

L’ex cortile dell’ora d’aria, ora trasformato in uno spazio sereno, ospita una vasca d’acqua che riflette il cielo, creando un contrasto poetico con la storia di detenzione delle sue mura. La ristrutturazione ha permesso di integrare nuovi elementi, come una foresta urbana che si avvolge attorno a un antico portale barocco, simbolo di una nuova vita che emerge da un passato difficile. In questo contesto, i padiglioni di Countless Cities – La Biennale delle Città del Mondo, dedicati a Nazareth, Medellin e Haiti, celebrano la creatività giovanile, offrendo uno spazio di dialogo e confronto.

Questo progetto è stato concepito da Andrea Bartoli e Florinda Sajeva, fondatori della Farm di Favara, che ha riqualificato sette cortili abbandonati nel centro storico di Favara, rendendoli vivaci e colorati. L’iniziativa di Agrigento 2025, realizzata in collaborazione con il Comune, il Parco della Valle dei Templi e la Soprintendenza dei Beni Culturali, non si limita a un singolo evento, ma guarda al futuro del territorio, promuovendo la manutenzione di aree verdi e il recupero delle “incompiute” siciliane, come l’ex auditorium di Aragona.

Valorizzazione della biodiversità

Un altro progetto di particolare rilevanza è Diodoros, dedicato alla valorizzazione della biodiversità presente nel Parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi, patrimonio dell’UNESCO. Il nome Diodoros rende omaggio a Diodoro Siculo, lo storico greco originario di Agyrion, noto per la sua opera “Biblioteca Historica”. Attraverso un accordo, terreni demaniali all’interno del Parco, privi di scavi archeologici, sono affidati a imprese di alto profilo produttivo, impegnate nella custodia e nella conservazione del patrimonio arboreo.

In occasione di Agrigento Capitale della Cultura, Casa Diodoros, situata in un casale ristrutturato nei pressi del Tempio della Concordia, si trasforma in un punto di incontro dinamico. Ogni venerdì, questo spazio accoglie produttori agricoli, turisti e membri della comunità locale, offrendo laboratori interattivi e narrazioni culturali guidate da archeologi ed esperti. Si intrecciano così biodiversità e patrimonio storico, creando un dialogo fertile tra passato e presente, tra cultura e natura.

La rinascita dell’ex carcere di San Vito rappresenta un simbolo di speranza e resilienza per Agrigento e l’intera Sicilia. Dimostra come sia possibile trasformare luoghi di sofferenza in spazi di creatività, dialogo e innovazione culturale. La sfida di rivitalizzare il territorio si unisce all’impegno di preservare la memoria storica, rendendo il passato una fonte di ispirazione per il futuro. La trasformazione di questo carcere in un centro culturale è un esempio di come l’arte e la cultura possano giocare un ruolo fondamentale nella riqualificazione degli spazi e nella costruzione di comunità più coese e inclusive.

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