Milano, una delle capitali mondiali della cultura e dell’arte, ospita un’interessante mostra che mette a confronto due grandi artisti di epoche diverse: Jago, scultore contemporaneo, e Caravaggio, maestro del Seicento. La mostra, intitolata “Natura morta. Jago e Caravaggio: due sguardi sulla caducità della vita”, è aperta dall’8 maggio presso la Veneranda Biblioteca Ambrosiana. Questo evento rappresenta un dialogo affascinante tra passato e presente, dove le opere dei due artisti si affrontano in un tema universale: la transitorietà dell’esistenza.
Jago e la sua visione contemporanea
Jago, al secolo Jacopo Cardillo, ha realizzato un’opera che sfida le convenzioni della natura morta tradizionale. Invece di rappresentare frutti e fiori, la sua creazione presenta un cesto ricolmo di armi, tra cui pistole, fucili e mitragliatori, tutti riprodotti in marmo bianco, materiale che ha reso famoso il suo lavoro. La scelta di sostituire la frutta con oggetti di morte è un atto deliberato che invita a riflettere sulla violenza e sull’assurdità della guerra. Jago stesso spiega: “La natura morta come soggetto di un quadro rappresenta l’emancipazione dell’artista dal dover raccontare per forza una storia”. Questo concetto si riflette nella sua opera, che diventa un commento visivo su una società contemporanea segnata da conflitti e sofferenze.
Il dialogo con Caravaggio
Il dialogo con Caravaggio si manifesta nella celebrazione della vita e della morte. La Canestra di frutta, uno dei capolavori del maestro milanese, esprime una bellezza effimera, dove la freschezza dei frutti è accompagnata dalla consapevolezza della loro inevitabile decomposizione. Jago, in contrasto, sottolinea la “inutilità della creatività umana” quando essa viene utilizzata per fini distruttivi. “Questi oggetti non li ho inventati”, afferma, “ho fatto una composizione per dire qualcosa che è indicibile”. La sua opera diventa quindi un simbolo della nostra epoca, in cui l’arte può servire a mettere in evidenza l’assurdità della violenza.
Una collaborazione significativa
La mostra è il risultato di una collaborazione tra Jago e Iole Siena di Arthemisia, che ha intercettato l’interesse della Veneranda Biblioteca Ambrosiana. “Non avrei osato avere una conversazione di questo tipo”, confida Jago, sottolineando come l’idea sia nata quasi per caso. Tuttavia, l’incontro tra i due artisti si rivela profondo e significativo, offrendo al pubblico l’opportunità di riflettere su temi di grande attualità attraverso una lente storica.
- Critica alla società contemporanea: Jago non manca di evidenziare la contrapposizione tra arte e non arte. “Non credo ci sia arte nella mia Natura morta”, dichiara, evidenziando che l’unico vero creatore è chi ha progettato e utilizzato quegli strumenti di morte.
- Rivitalizzazione della tradizione: Attraverso la sua opera, Jago cerca di reinterpretare e rivitalizzare i temi classici, rendendoli rilevanti per il pubblico contemporaneo.
In aggiunta al suo lavoro alla Biblioteca Ambrosiana, Jago è attualmente presente anche al padiglione Italia all’Expo di Osaka 2025, dove presenta l’opera “Apparato Circolatorio”. Qui, l’artista esplora il concetto di vita attraverso la scultura, dando vita a 30 cuori scolpiti che diventano 30 fotogrammi in un video di un secondo, un battito che simboleggia la fragilità e la resilienza della vita. “L’opera prende vita, trasformandosi in un battito eterno”, spiega, evidenziando il contrasto tra la solidità dei materiali e la delicatezza del concetto di vita.
La mostra “Natura morta. Jago e Caravaggio” si presenta quindi come un’occasione unica per riflettere sulla caducità della vita attraverso il confronto tra due artisti così diversi, ma allo stesso tempo così affini nei temi che affrontano. Il dialogo tra le loro opere invita il pubblico a esplorare il significato della vita, della morte e dell’arte, rendendo l’esperienza espositiva non solo un momento di contemplazione estetica, ma anche una profonda occasione di riflessione sul nostro presente e sul nostro passato.