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I segreti del Gem: alla scoperta di un tesoro da un miliardo di dollari

Il Cairo, 5 giugno 2024 – Sono oltre 100 mila i reperti dell’Antico Egitto che ora si possono ammirare nelle dodici gallerie del nuovo Grande Museo Egizio. Dopo anni di lavori, ritardi e attese, il museo ha finalmente aperto i battenti alle porte del Cairo. Un evento che segna una pietra miliare per il mondo della museologia: il Grand Egyptian Museum (Gem), a pochi passi dalle piramidi di Giza, raccoglie la più grande collezione mai dedicata a una singola civiltà. Al centro dell’interesse, il tesoro di Tutankhamon, riunito dopo decenni di separazione tra Il Cairo e Luxor.

Il tesoro di Tutankhamon e la maschera d’oro che incanta

Nelle sale luminose del museo, la maschera funeraria d’oro e lapislazzuli di Tutankhamon è la vera protagonista. Gli archeologi la vedono come la promessa di eternità per il giovane faraone, morto a soli 19 anni. Ma, come spiegano gli studiosi egiziani, la sua bellezza non rifletteva il vero volto del re adolescente, segnato da una salute fragile e da un piede equino. “Era un ragazzo malato, ma la sua memoria è diventata immortale”, ha ricordato Zahi Hawass, ex ministro delle Antichità.

Dal vecchio museo di piazza Tahrir alla “quarta piramide” del Cairo

Il vecchio museo egizio di piazza Tahrir, nel cuore della città, resta una testimonianza di un’epoca passata. Il Gem, invece, rappresenta una nuova era per i musei: con i suoi 500 mila metri quadrati, è più grande anche del Louvre. Un progetto imponente, costato circa 1,2 miliardi di dollari. Il grosso dei fondi è arrivato dal Giappone – 760 milioni in due tranche, una nel 2006 e l’altra nel 2011 – mentre altri 150 milioni sono stati messi da investitori internazionali. Il resto è stato coperto dal governo egiziano, deciso a rilanciare turismo e immagine del Paese.

Il museo si trova proprio accanto alle piramidi di Giza, tanto che è stato soprannominato “la quarta piramide”. Un passaggio pedonale lungo due chilometri collega il Gem alle tombe dei faraoni Cheope, Chefren e Micerino. Proprio da lì è partita la lunga marcia della “barca solare di Cheope”, trasportata su un camion speciale fino al nuovo museo. Scoperta nel 1954 e rimasta sigillata per 4.600 anni, questa imbarcazione rituale era custodita in un piccolo museo progettato dall’architetto italiano Franco Minissi.

Una collezione che non ha eguali

Il Grand Egyptian Museum ospita reperti che raccontano tutta la storia egizia: dal periodo predinastico fino all’epoca copta. Secondo i curatori, almeno 20 mila oggetti sono esposti al pubblico per la prima volta. Solo la collezione di Tutankhamon conta ben 5.398 pezzi. Alcuni manufatti restaurati – come la seconda nave solare di Cheope o la collezione della regina Hetepheres, madre di Cheope – saranno visibili nei prossimi mesi. Altri oggetti, come quelli appartenuti a Yuya e Thuyu (genitori della regina Tiye), sono stati prestati alla mostra “I Tesori dei Faraoni” alle Scuderie del Quirinale a Roma.

Turismo e sostenibilità al centro del progetto

Il Gem non vuole essere solo una vetrina di antichi tesori. Il governo egiziano punta a trasformarlo in un vero polo turistico moderno, con hotel, servizi e infrastrutture all’altezza delle aspettative internazionali. Nei prossimi mesi si attendono almeno 18 mila visitatori prima della fine dell’anno, un segnale chiaro della ripresa del turismo, considerato strategico dal presidente Abdel Fattah al-Sisi.

Ma non è solo archeologia. Il museo guarda anche alla sostenibilità. Sulla sua copertura è stato installato un impianto fotovoltaico in grado di produrre 2,24 gigawattora all’anno, riducendo le emissioni di anidride carbonica del Cairo di circa 100.600 tonnellate. “Un segno dei tempi”, ha commentato Ahmed Issa, ministro del Turismo e delle Antichità.

Un ponte tra passato e futuro

Il nuovo Grande Museo Egizio si propone così come non solo un luogo di memoria, ma anche un simbolo della rinascita egiziana. Un ponte tra passato e futuro che, secondo chi lo ha pensato, dovrà attirare studiosi, turisti e curiosi da tutto il mondo. E forse, come ha confidato una guida all’ingresso poco dopo l’apertura, “Solo adesso l’Egitto può raccontare davvero tutta la sua storia”.

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