Palermo, 19 novembre 2025 – Cateno De Luca, leader di Sud Chiama Nord, ha chiesto oggi al presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gaetano Galvagno, di inserire subito all’ordine del giorno la mozione di sfiducia contro il presidente della Regione, Renato Schifani. Il tutto prima che parta l’iter della legge di stabilità. La richiesta è arrivata in una mattinata già tesa a Palazzo dei Normanni e punta a mettere in chiaro i rapporti di forza dentro l’Assemblea, smascherando – secondo De Luca – le logiche di propaganda che dominano il dibattito politico siciliano.
Sfida a viso aperto: la mozione di sfiducia e i numeri in Aula
De Luca ha detto chiaro e tondo che il gruppo Sud Chiama Nord è pronto a votare la sfiducia. “Siamo a 26 voti”, ha spiegato il leader messinese, “ma ne servono 36”. Un dato che, di fatto, taglia le gambe a ogni speranza di far passare la mozione. “Presentare una mozione sapendo di non avere i numeri è solo propaganda”, ha attaccato De Luca, “una cosa che non serve a nulla, soprattutto adesso che la Sicilia ha bisogno di altro”.
Il punto dei numeri è cruciale. In Assemblea regionale, per far cadere il governo Schifani servono almeno 36 voti. Al momento, le opposizioni non superano i 26, neppure con il contributo di Sud Chiama Nord. Una situazione che, secondo De Luca, rischia di trasformare il dibattito sulla sfiducia in un esercizio inutile, lontano dalle reali esigenze dell’isola.
Una proposta forte: dimissioni di massa
Non è rimasto a criticare soltanto. De Luca ha rilanciato con una proposta che definisce “più seria e coraggiosa”: dimettersi tutti. “Basta fare i moralisti con 15 mila euro lordi al mese in tasca”, ha detto, parlando dell’indennità dei deputati regionali. Un invito che non riguarda solo i colleghi di opposizione, ma anche chi – secondo lui – si limita a protestare senza assumersi responsabilità vere.
Nel suo intervento, De Luca ha sottolineato come le dimissioni collettive sarebbero un gesto forte, in grado di scuotere la politica siciliana e ridare voce ai cittadini. “Solo così”, ha aggiunto, “si potrà parlare davvero di cambiamento”.
Lo scontro con il Movimento 5 Stelle
Il leader di Sud Chiama Nord non ha risparmiato una frecciata al capogruppo del Movimento 5 Stelle, Antonio De Luca (omonimo ma non parente). “Ci risparmi la sua solita paternale”, ha detto Cateno De Luca, “io sono già grande”. Poi ha ricordato le regionali del 2022: “Li ho battuti, prendendo da solo quasi gli stessi voti dei candidati alla Presidenza della Regione di 5 Stelle e PD messi insieme”.
Un passaggio che rialza la tensione tra le opposizioni. Da settimane il dialogo tra i gruppi è segnato da sospetti e accuse reciproche. Il Movimento 5 Stelle aveva chiesto più unità contro Schifani, ma De Luca ha risposto chiaro: nessuna lezione da chi, secondo lui, non ha saputo costruire un’alternativa credibile.
Sicilia, crocevia di scelte decisive
“Adesso la domanda non è su di me, ma su di loro: vogliono andare avanti con lo sfascio o dimostrare finalmente un po’ di maturità davanti ai siciliani?”, ha chiuso De Luca. Una domanda che fotografa bene l’incertezza del momento. Sullo sfondo c’è la legge di stabilità regionale, attesa in Aula nelle prossime settimane e vista come il vero banco di prova per la tenuta della maggioranza.
Intanto, a Palermo si respira un’aria sospesa. Nei corridoi dell’ARS si parla di trattative nascoste e tensioni che crescono tra i gruppi politici. Per ora nessuno sembra pronto a fare il primo passo verso le dimissioni collettive invocate da De Luca. Eppure la partita resta aperta: nelle prossime ore si capirà se la mozione di sfiducia sarà davvero messa all’ordine del giorno prima della manovra finanziaria o se prevarrà la prudenza.
Per ora, la Sicilia aspetta. Con un governo regionale sotto pressione e un’opposizione divisa tra tattiche e strategie.





