Palermo, 4 novembre 2025 – Totò Cuffaro, ex presidente della Regione Sicilia, è finito di nuovo sotto la lente della giustizia. Secondo quanto rivelato oggi dalla Procura di Palermo, sarebbe a capo di una associazione criminale che avrebbe manipolato concorsi pubblici, appalti e nomine regionali. Per lui e altre 17 persone è stata chiesta la misura degli arresti domiciliari, con accuse che vanno dall’associazione a delinquere alla corruzione e alla turbata libertà degli incanti.
Un comitato d’affari nascosto dietro le quinte della Regione
I pm descrivono Cuffaro come un uomo che ha usato la sua rete di contatti e il peso politico accumulato negli anni per favorire amici imprenditori e consolidare il suo potere. Lo definiscono un vero e proprio “comitato d’affari occulto” capace di “infiltrarsi nelle scelte politiche e amministrative della Regione Sicilia” e di “convogliare consensi elettorali”.
Nel mirino ci sono soprattutto le nomine di dirigenti e funzionari nei settori chiave: sanità, appalti e opere pubbliche. Secondo l’accusa, la strategia era semplice ma efficace: mettere persone fidate in posizioni strategiche per pilotare le decisioni a favore del gruppo.
Cuffaro e i volti chiave dell’inchiesta
Nel decreto di perquisizione si legge che Totò Cuffaro avrebbe guidato l’associazione, dando ordini agli indagati, negoziando con enti e imprese, e decidendo quali “utilità indebite” richiedere. Un ruolo di primo piano che gli avrebbe garantito il controllo diretto su molte delle dinamiche interne alla Regione.
Tra gli altri coinvolti spicca Carmelo Pace, capogruppo della Democrazia Cristiana all’Assemblea Regionale Siciliana. L’accusa lo indica come “membro di rilievo” del gruppo, che agiva anche in ambiti istituzionali grazie al suo ruolo. Ci sono poi Vito Raso, uomo fidato di Cuffaro e segretario particolare dell’assessore regionale alla Famiglia, e Antonio Abbonato, descritto come “faccendiere al servizio dell’associazione”.
Reazioni a caldo e prossimi passi
La notizia ha scosso la politica siciliana. Davanti al Palazzo di Giustizia di Palermo si sono radunati giornalisti e curiosi. Mentre alcuni esponenti della maggioranza hanno scelto il silenzio, altri hanno parlato di “una vicenda grave” che rischia di gettare un’ombra sull’intera amministrazione. “Aspettiamo che la magistratura faccia chiarezza”, ha detto un consigliere regionale, che ha preferito restare anonimo.
Gli avvocati degli indagati hanno già annunciato ricorso contro la richiesta degli arresti domiciliari. “Il mio cliente nega ogni accusa”, ha detto uno dei legali di Cuffaro, parlando di “interpretazioni forzate di rapporti politici e amministrativi”.
Un’indagine che riapre vecchie ferite
Per Totò Cuffaro, già condannato in passato per favoreggiamento aggravato a Cosa Nostra, questa nuova inchiesta è un duro colpo. Negli ultimi anni aveva provato a rimettersi in gioco, partecipando a eventi e dibattiti, anche fuori dalla Sicilia.
Fonti vicine alla Procura spiegano che tutto è partito da segnalazioni interne agli uffici regionali e da intercettazioni raccolte negli ultimi mesi. Ora gli investigatori stanno esaminando una lunga serie di atti, nomine e affidamenti sospetti tra il 2022 e il 2024.
La politica siciliana sotto pressione
L’inchiesta arriva in un momento già delicato per la politica isolana, segnata da tensioni e polemiche sulle nomine nei settori più importanti. La vicenda potrebbe avere ripercussioni anche sugli equilibri dell’Assemblea Regionale Siciliana, dove la maggioranza sembra più fragile che mai.
Nei prossimi giorni sono attese nuove audizioni e sviluppi. La Procura ha assicurato che “le indagini continuano” e non esclude nuovi iscritti nel registro degli indagati. Intanto, la Sicilia si trova di nuovo a fare i conti con il nodo tra politica, affari e legalità.





