“Cosa ci chiedeva di fare Chiara Ferragni”. Parla una ex dipendente

Nel libro di Selvaggia sul caso di Chiara Ferragni, un ex dipendente del brand dell’influencer ha raccontato cosa succedeva nel dietro le quinte.

Non c’è pace per Chiara Ferragni. Dopo lo scoppio della scandalo del pandoro Balocco, a cui è seguita anche la fine del matrimonio con Fedez, l’imprenditrice digitale più importante d’Italia sta continuando a far parlare di sé in negativo.

Ancora guai per Ferragni
Chiara Ferragni da Fabio Fazio (Foto Ansa) – arabonormannaunesco.it

La giornalista Selvaggia Lucarelli, infatti, ha pubblicato un libro, “Il vaso di Pandoro“, in cui ha messo in fila tanti dei punti grigi dell’influencer supportando il tutto anche con alcune testimonianze di ex dipendenti del brand creato dalla Ferragni.

Se in un primo momento, grazie anche alle parole di Charlotte Matteini, si è scoperto che alcuni collaboratori venivano assunti con contratti di stage a 300 euro mensili, e poi venivano tenuti a partita iva nonostante le otto ore di lavoro giornaliere, quello che è venuto a galla ora non fa certo onore, un’altra volta, alla quasi ex moglie del rapper, che da tempo (da metà dicembre) non pubblica più così tante sponsorizzazioni sulle sue pagine Instagram, anche perché molti brand, tra i quali anche Pantene, l’hanno abbandonata dopo essere risultata indagata dalla procura di Milano.

Il racconto dell’ex dipendente di Ferragni: “Cosa ci chiedeva di fare l’influencer”

Prima che ciò accadesse, forte dei suoi 29 milioni di follower, quindi del grande seguito, alla Ferragni, nel suo ufficio, arrivavano centinaia di prodotti al giorno, tra cui beauty e vestiti, che lei avrebbe dovuto postare nelle sue storie di Instagram per essere sponsorizzati – e no, non c’è niente di strano.

"Cosa ci chiedeva di fare Chiara Ferragni", parla un ex dipendente
La boutique di Chiara Ferragni in zona Porta Nuova a Milano (Foto Ansa) – arabonormannaunesco.it

Peccato che, presentandosi pochissime volte nella sede dell’azienda e quelle poche volte parlava solo con il manager Fabio Maria D’Amato, i dipendenti fossero costretti a fare le foto, e solo quelli che incontravano il suo gusto le venissero recapitati a casa, come lei per giunta chiedeva.

Tutte le rimanenze, ha raccontato l’ex dipendente a Lucarelli, “finivano in una grande riffa, un’estrazione a sorte fra i dipendenti a Natale. Due volte l’anno c’era lo svuotone dall’ufficio, ovvero i dipendenti potevano entrare nella stanza con la roba accumulata che lei non voleva e potevano scegliere quello che preferivano“. Ovviamente non tutto finiva nel calderone: Hermes e Chanel, per esempio, non facendo regali non facevano parte dei prodotti a disposizione.

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