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Cetacei spiaggiati in Sicilia: una rete di salvataggio senza leggi adeguate

Negli ultimi anni, la questione dei cetacei spiaggiati è diventata sempre più preoccupante, in particolare in Sicilia, che vanta ben 1.600 km di costa. È emersa, quindi, l’urgenza di approvare una legge regionale che riconosca e istituzionalizzi la rete nazionale per il monitoraggio e il recupero di cetacei spiaggiati. Questo tema è stato al centro di un corso formativo tenutosi presso il CNR-IAS di Torretta Granitola, nel comune di Campobello di Mazara, dove ricercatori universitari, operatori della Guardia Costiera, delle Aziende Sanitarie Provinciali (ASP) e dei comuni si sono riuniti per condividere conoscenze e strategie operative.

L’importanza di un approccio coordinato

L’iniziativa, organizzata dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, insieme all’omonimo istituto siciliano e al Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università di Padova, rappresenta un passo importante nella gestione della problematica. Durante il corso di due giorni, è stata evidenziata la rilevanza di un approccio scientifico e coordinato nel trattamento dei cetacei spiaggiati, un tema su cui la ricerca e il mondo universitario sono attivamente impegnati da decenni.

I dati raccolti mostrano che nel 2024, ben 16 cetacei si sono spiaggiati lungo le coste siciliane, mentre nei primi nove mesi del 2025 sono già stati registrati 12 eventi simili. Questi numeri pongono in luce l’urgenza di un intervento strutturato e sistematico. La rete nazionale per il monitoraggio degli spiaggiamenti, istituita nel 2015 grazie a un accordo tra i Ministeri della Salute e dell’Ambiente, ha dimostrato di essere efficiente in molte regioni italiane, ma in Sicilia risulta ancora insufficiente.

Necessità di una legislazione regionale

Roberto Puleio, dell’Istituto Zooprofilattico di Sicilia, ha sottolineato l’importanza di una legislazione regionale che possa supportare questa rete. “Altre regioni, come la Sardegna, hanno già adottato leggi in materia e ricevono anche un sostegno finanziario. È fondamentale che anche la Sicilia segua questo esempio”, ha affermato. La mancanza di una legge specifica non solo complica la gestione degli spiaggiamenti, ma pone anche un peso finanziario significativo sui comuni, che devono affrontare i costi di smaltimento delle carcasse.

Un altro aspetto critico emerso riguarda il comportamento di cittadini e turisti nei confronti dei cetacei spiaggiati. Spesso, le persone tentano di salvare gli animali in difficoltà, ma senza le competenze adeguate, rischiano di compromettere la loro sicurezza e quella degli animali stessi. Gli organizzatori hanno avvertito:

  1. Tentativi di salvataggio improvvisati possono generare situazioni pericolose.
  2. Non sempre portano a un esito positivo.

Guido Pietroluongo, medico veterinario dell’Università di Padova, ha ribadito l’importanza di seguire procedure standardizzate a livello internazionale, affidandosi agli esperti per gestire questi eventi.

Formazione e simulazioni operative

Durante il corso, è stata data particolare attenzione alle simulazioni operative, che hanno permesso ai partecipanti di apprendere le corrette modalità di intervento. Dalla messa in sicurezza dell’animale alla gestione delle operazioni di recupero e rilascio, ogni fase è stata analizzata dettagliatamente. Pietroluongo ha spiegato che è compito del medico veterinario dell’ASP decidere il destino del cetaceo, valutando i parametri vitali e stabilendo se sia opportuno rilasciarlo o procedere con l’eutanasia.

È evidente che la questione dei cetacei spiaggiati in Sicilia richiede un intervento congiunto e coordinato, non solo tra le istituzioni, ma anche con la partecipazione attiva della comunità. La consapevolezza e l’educazione dei cittadini sono cruciali per affrontare questa problematica in modo efficace. Il coinvolgimento di ricercatori, professionisti e volontari è fondamentale per garantire una gestione appropriata e rispettosa degli animali marini, parte integrante del nostro ecosistema.

Le esperienze di altre regioni italiane possono servire da modello per la Sicilia, dimostrando che un approccio legislativo e organizzato è non solo auspicabile, ma necessario. La creazione di una rete di supporto, che preveda finanziamenti e formazione, potrebbe fare la differenza nell’affrontare uno dei problemi più gravi legati alla fauna marina. La Sicilia, con la sua bellezza naturale e biodiversità, merita di avere strumenti adeguati per tutelare e preservare le sue specie marine, garantendo un futuro più sicuro per i cetacei e per l’ambiente marino in generale.

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