Milano, 14 dicembre 2025 – «Io, a sessant’anni, credo di poter fare da guida e facilitatore», ha detto ieri pomeriggio Gianni Morelli, ex dirigente nel metalmeccanico, durante un incontro pubblico alla Fondazione Feltrinelli. Erano le 18.15 quando Morelli, davanti a una platea di professionisti, studenti e giovani imprenditori, ha raccontato la sua esperienza e come cambia il suo rapporto con il lavoro dopo il pensionamento. L’obiettivo è chiaro: mettere a frutto quarant’anni di carriera per dare una mano ai più giovani.
L’esperienza che serve davvero
«Non ho mai pensato di staccare del tutto», ha ammesso Morelli parlando di quel momento in cui tanti si sentono “tagliati fuori”. Per non finire in un angolo, negli ultimi mesi ha scelto di mettere a disposizione la sua esperienza come mentore e facilitatore in progetti di innovazione e start-up. La motivazione? «Vedere quella scintilla negli occhi dei ragazzi» e evitare che «un patrimonio di esperienze vada perso senza lasciare traccia». Secondo lui, «il passaggio tra generazioni non può restare solo un bel discorso», deve essere un fatto concreto e continuo.
Mentoring: un confronto vero
Non è solo questione di insegnare qualcosa. La relazione tra senior e junior, spiega Morelli, «funziona quando c’è ascolto da entrambe le parti». In sala qualcuno annuisce. Diverse startup raccontano come parlare con ex manager li abbia aiutati a superare momenti difficili o decisioni complicate. Il mentoring, aggiunge l’ex dirigente, «non è dare lezioni dall’alto, ma scambiarsi dubbi, errori e intuizioni». Da qui nasce l’idea di creare percorsi strutturati—niente “lezioni frontali”—basati sulla parola chiave: “fiducia”.
I sessantenni hanno un ruolo sociale
Durante la serata sono intervenuti esperti e rappresentanti delle associazioni di categoria. Secondo un’indagine dell’Istat, in Italia quasi 4 milioni di persone tra i 60 e i 70 anni continuano a essere attive professionalmente in modi diversi: consulenze, volontariato, formazione. Morelli commenta così: «A questa età si può ancora dare tanto. Non siamo una minaccia per i più giovani». Anzi, secondo lui la vera sfida è «cambiare il racconto: non più pensionamento uguale inattività, ma supporto alle comunità produttive».
Tra difficoltà e speranze
Il confronto si è poi concentrato sulle difficoltà. Non sempre le aziende sono pronte ad accogliere ex dirigenti nei processi decisionali o nella formazione interna. Qualcuno ha citato episodi di “resistenza culturale”, soprattutto nelle imprese medio-piccole. Eppure Morelli vede ancora spazi per provare nuove strade. La tecnologia — che per molti over 60 è una barriera — può diventare uno strumento per far crescere tutti: «Serve solo la giusta curiosità, il resto si impara», confida.
Progetti pilota che fanno scuola
A Milano, negli ultimi anni, sono partiti diversi progetti pilota. Tra i più noti c’è “Mentor@Work”, che coinvolge oltre duecento pensionati impegnati nel sostegno a start-up e cooperative sociali. La coordinatrice del progetto, Francesca Bellini, ha detto ieri sera che «più dell’80% dei ragazzi seguiti vede nei senior un punto di riferimento». Morelli aggiunge: «Ho visto giovani cambiare modo di affrontare le cose quando sentono storie vere di fallimenti, non solo successi». L’applauso più caloroso arriva proprio quando parla dei suoi errori: “Sono quelli che insegnano davvero”.
Una sfida per tutti
A chiudere la serata ci sono state le domande dal pubblico. Un ragazzo chiede se non rischi il paternalismo. Morelli non si sottrae: «È un rischio concreto. Sta a noi evitarlo mettendoci sullo stesso piano». Il dibattito va avanti fino alle 19.45. All’uscita qualche stretta di mano e tanti sorrisi. Un signore dice piano: «Forse dovremmo ascoltare di più chi ha già sbagliato». Una cosa semplice — il mentoring — ma che con questi numeri e storie sembra destinata a diventare sempre più importante nel percorso dei giovani italiani.





